Op. “Torrente”: Sentenza dopo oltre dieci anni, inflitte 6 condanne e decisa una prescrizione

Dopo oltre dieci anni dal blitz il collegio giudicante del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto ha deciso sei condanne ed una prescrizione per i sette imputati coinvolti nel processo di primo grado scaturito dall’operazione antimafia “TORRENTE”, scattata il 5 novembre 2010 e messa a segno dai carabinieri del Ros tra i comuni di Furnari e Mazzarrà Sant’Andrea sotto il coordinamento della DDA di Messina. La pena più pesante, a 7 anni e 7 mesi di reclusione, per il medico SALVATORE LOPES (foto in alto), al tempo dei fatti contestati sindaco di Furnari…

GIUSEPPE LAZZARO

Dopo oltre dieci anni dal blitz il collegio giudicante del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto (presidente Antonino Orifici, a latere Anna Elisa Murabito e Silvia Spina) ha deciso sei condanne ed una prescrizione per i sette imputati coinvolti nel processo di primo grado scaturito dall’operazione antimafia “Torrente”, scattata all’alba del 5 novembre 2010 e messa a segno dai carabinieri del Ros tra i comuni di Furnari e Mazzarrà Sant’Andrea sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Messina.

La condanna a 7 anni e 7 mesi di reclusione è stata decisa per l’ex sindaco di Furnari, il medico Salvatore Lopes mentre pene lievi, a causa della continuazione con altre condanne, sono state comminate ai due capi succedutisi ai vertici del clan dei “Mazzarroti”, una costola della cosca dei “Barcellonesi”: 3 anni di reclusione la pena per l’ex boss, divenuto collaboratore di giustizia dal dicembre 2010, Carmelo Bisognano mentre 4 anni di reclusione e 1.500 euro di multa è stata la condanna per il suo successore, l’allevatore di Novara di Sicilia Tindaro Calabrese, che si trova in carcere dal 10 aprile 2008 quando scattò l’operazione “Vivaio” e da alcuni anni è anche al “41-bis” (carcere duro).

Per gli altri imputati 10 anni di reclusione sono stati inflitti a Leonardo Arcidiacono, imprenditore di Catania, all’epoca con interessi nel settore turistico di Portorosa a Furnari e 8 anni per Sebastiano Placido Geraci, di Furnari. La pena di 7 anni è stata invece decisa per Roberto Munafò, imprenditore di Furnari. Infine per la sorella di Carmelo Bisognano, Vincenza, alla quale era intestata la ditta che aveva rimesso sul mercato l’ex capo dei “Mazzarroti”, il Tribunale ha dichiarato di non doversi procedere così come per il fratello, concorrente nello stesso reato di intestazione fittizia di beni, per intervenuta prescrizione essendo stato il reato commesso il 12 ottobre 2004.

LE RICHIESTE DELL’ACCUSA

Il 30 ottobre scorso, a conclusione della requisitoria, il pm, il sostituto procuratore della Dda di Messina Francesco Massara, aveva chiesto la condanna dei sette imputati. La condanna a 10 anni di reclusione era stata chiesta per Salvatore Lopes. Pene minori, a causa della continuazione con altre condanne, erano state avanzate per Carmelo Bisognano (2 anni) e 7 anni, 6 mesi e 3.000 di euro di multa per Calabrese. E ancora 13 anni e 6 mesi e 2.000 euro di multa ciascuno per Geraci e Arcidiacono; 10 anni per Munafò, imprenditore di Furnari e 4 anni per Vincenza Bisognano.

  

 Carmelo Bisognano                                                        Tindaro Calabrese

L’OPERAZIONE

L’operazione antimafia “Torrente” rivelò il presunto condizionamento mafioso esercitato dal clan dei “Mazzarroti” sulle elezioni amministrative svoltesi il 13 e 14 maggio 2007 a Furnari. Fatti di cui sarebbero stati artefici Tindaro Calabrese, considerato al tempo (seppur mai indagato all’epoca), capo indiscusso dell’ala scissionista del clan dei “Mazzarroti”, al quale si contestano le pressioni esercitate con modalità mafiose nella campagna elettorale di quel periodo. Elezioni che furono vinte proprio dal dott. Salvatore Lopes sull’avvocato Mario Foti, oggi uno imputato e l’altro parte civile al dibattimento chiuso in primo grado. In particolare a Lopes viene contestato di avere praticato le agevolazioni nell’assegnazione dei lavori per l’alluvione che colpì la zona tirrenica nel dicembre 2006 e nel rilascio di autorizzazioni commerciali nei confronti di soggetti in odore di mafia e ciò – secondo l’accusa – per ripagarli per le attività di “proselitismo elettorale” e di “procacciamento di voti” svolte durante la campagna elettorale della primavera 2007. Inoltre il catanese Leonardo Arcidiacono e Sebastiano Placido Geraci sarebbero stati accomunati a Tindaro Calabrese nelle pressioni con il metodo mafioso che sarebbero state esercitate nei confronti di un candidato della lista avversaria. A seguito dell’operazione “Torrente” e di altre vicende, il 25 novembre 2009 l’allora Ministro degli Interni Roberto Maroni decretò lo scioglimento del Comune di Furnari per mafia e ingerenze della criminalità organizzata.

Edited by, martedì 2 marzo 2021, ore 10,08. 

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