Op. “Alleanza”: Clan barcellonesi. In appello 26 condanne e 7 assoluzioni

La Corte d’Appello di Messina ha sentenziato 26 condanne, tra 7 conferme e 19 riduzioni di pena rispetto allo stesso numero di condanne del primo grado, e 7 assoluzioni in uno dei processi al nucleo, storico o emergente, del clan mafioso dei Barcellonesi, scaturito dall’operazione “ALLEANZA”, scattata nel febbraio 2022 ed eseguita dai carabinieri sotto il coordinamento della Dda di Messina. La sentenza, i nomi, i fatti. Foto in alto CARMELO VITO FOTI (condannato a 20 anni di reclusione, pena ridotta rispetto al primo grado). Il servizio sul link Cronaca…

GIUSEPPE LAZZARO

La Corte d’Appello di Messina (presidente Antonino Giacobello, componenti Carmine De Rose e Luana Lino) ha sentenziato 26 condanne, tra 7 conferme e 19 riduzioni di pena rispetto allo stesso numero di condanne del primo grado, e 7 assoluzioni in uno dei processi al nucleo, storico o emergente, del clan mafioso dei Barcellonesi. Si tratta del dibattimento scaturito dalle indagini, coordinate dalla Dda di Messina, sulla riorganizzazione di Cosa nostra del Longano, sfociata nell’operazione “Alleanza”, condotta dai carabinieri e che, nel febbraio del 2022, aveva portato complessivamente a 86 arresti e con il processo che è stato diviso in tre tranche. In appello – in questo caso – sono finiti gli imputati che, a suo tempo, avevano optato per essere giudicati con il rito abbreviato all’udienza-Gup.

LA SENTENZA D’APPELLO

Nuova entità della pena rispetto al primo grado per:

Jordan Brunini 6 anni e 10 mesi di reclusione, in continuazione con una precedente sentenza del 2021;

Gianluca Campo 6 anni e 8 mesi;

Angela Chiofalo 4 anni, 5 mesi e 10 giorni;

Antonino Crea 6 anni e 8 mesi;

Roberto De Luca 1 anno;

Felice De Pasquale 3 anni e 10 mesi, in continuazione con una precedente sentenza del 2023;

Antonino Falcone 4 anni e 4 mesi;

Carmelo Vito Foti 20 anni;

Salvatore Francesco Foti 4 anni, 5 mesi e 10 giorni con le attenuanti generiche;

Salvatore Gatto 8 anni e 6 mesi;

Giusy Giardina 4 anni, 5 mesi e 10 giorni;

Giovanni Imbesi 6 anni e 8 mesi;

Enrico Mara 6 anni e 8 mesi;

Antonino Mazzeo 4 anni e 2 mesi;

Roberto Merlino 8 mesi, per i giudici non fu estorsione ma esercizio arbitrario delle proprie ragioni per una somma effettivamente dovuta, scarcerazione immediata;

Antonio Raoul Milici 6 anni e 8 mesi;

Agostino Milone 1 anno e 6 mesi in aumento rispetto alla condanna inflitta nel 2020;

Giacomo Maurizio Sottile 8 anni e 6 mesi, escluse la recidiva e l’aggravante dell’associazione armata;

Antonino Salvatore Triolo 4 anni, 5 mesi e 10 giorni.

Per altri sette imputati i giudici d’appello hanno confermato la condanna del primo grado:

Andrea Alesci 8 anni e 6 mesi;

Bartolo Costantino 7 anni;

Tindaro Angelo De Pasquale 4 anni;

Carmelo Imbesi 2 anni, pena sospesa;

Giampiero Munafò 5 anni;

Daniele Rosario Mantineo 2 anni;

Maurizio La Spada 2 anni.

Cinque le assoluzioni totali, con la formula per “non aver commesso il fatto”: Steven Meo, Santo Antonino Alesci Lo Presti, Enrico Albergo, Stefano Bartuccio e Davide Canevari.

Hanno registrato assoluzioni parziali anche Carmelo Vito Foti, Antonino Mazzeo e Antonino Falcone. I giudici hanno poi confermato le assoluzioni decise in primo grado per Pietro Guerriera e Natale Morasca, che erano state appellate dal pm.

Tutti gli imputati condannati dovranno poi risarcire, se solo e quando la sentenza di condanna passerà in Cassazione, le costituite parti civili che sono: Comitato Addio pizzo onlus, Rete per la Legalità Barcellona, Rete per la Legalità Sicilia, Comitato Addiopizzo Odv, Associazione antiracket e antiusura Terme Vigliatore-Fonte di libertà. Salvatore Gatto lo dovrà fare per una parte civile privata.

L’INCHIESTA

L’indagine ha evidenziato come Carmelo Vito Foti, Mariano Foti e Ottavio Imbesi, considerati esponenti di spicco della famiglia mafiosa dei “Barcellonesi”, una volta scarcerati o agli arresti domiciliari, avrebbero assunto il controllo di buona parte delle attività dell’organizzazione e che, dopo la morte di Imbesi per cause naturali, la gestione operativa del clan sarebbe rimasta in mano agli altri due. Pur essendo ai domiciliari, secondo gli investigatori, avrebbero concordato una gestione collettiva delle estorsioni con un ritorno alla cassa comune da prelevare nelle festività di Pasqua, Natale e Ferragosto. Dalle indagini è anche emerso che venivano pianificate azioni intimidatorie. Le indagini che hanno portato agli 86 provvedimenti cautelari eseguiti dai carabinieri nel febbraio 2022 nell’ambito dell’inchiesta sulla mafia barcellonese andavano avanti già da due anni ma, prima delle elezioni amministrative del 4 e 5 ottobre 2020 a Barcellona che videro la vittoria dell’attuale sindaco, avvocato Pinuccio Calabrò, le intercettazioni telefoniche ed ambientali avrebbero fatto emergere le relazioni tra la cosca e la classe politica locale. Rapporti che si sarebbero sviluppati con la lista “Diventerà Bellissima” e, in particolare, tra Carmelo Caliri e Mariano Foti, uomo di spicco che, dopo la morte di Ottavio Imbesi e Cristian Barresi, avrebbe assunto l’intera gestione del traffico di stupefacenti.

In particolare Foti avrebbe chiesto una sistemazione lavorativa per il figlio Salvatore poi ottenuta attraverso Mariano Calderone. Così, si legge nell’ordinanza firmata dal Gip del Tribunale di Messina Ornella Pastore, Carmelo Vito Foti e Rosario De Pasquale avrebbe sostenuto politicamente i candidati della lista “Diventerà Bellissima”, sponsorizzata a Mariano Foti. In particolare, sarebbe emerso come Carmelo Vito Foti si sia speso elettoralmente in favore di Domenica Milone, candidata (e destinataria di 141 voti). Qualche mese dopo, l’11 settembre 2020, in un’altra intercettazione sarebbe emerso il supporto elettorale che Carmelo De Pasquale avrebbe fornito a Giampiero La Rosa, candidato, sempre della lista “Diventerà Bellissima” ed eletto consigliere comunale con 347 voti di preferenza.

Risulta in particolare – scriveva ancora il Gip Pastore – che Rosario

Inoltre Mariano Foti aveva cercato contatti con imprenditori e politici locali come Mario Tindaro Ilacqua, dipendente della ditta “Pi.esse.i. srl” che opera nel settore delle energie rinnovabili per creare una rete imprenditoriale che ottenesse appalti legati all’eco bonus 110%. Secondo gli inquirenti sarebbero state create le basi per una “rete commerciale a cui affidare il compito di segnalare gli edifici su cui effettuare i lavori di ristrutturazione edilizia e di efficientamento energetico previsti dall’ecobonus”.

A Salvatore Gatto, pro-console per Milazzo e dintorni del barcellonese Carmelo Vito Foti, oltre all’incendio doloso dei locali del “Santorini” di Monforte San Giorgio (29 dicembre 2017 ndr), si contestano una serie di estorsioni ai danni di operatori economici di Milazzo. Tutte estorsioni aggravate dalle modalità mafiose. Gatto, da solo, ricorrendo a minacce anche implicite in forza della sua aspirazione di far parte del gruppo mafioso dei “Barcellonesi”, facendo presagire alle vittime il rischio di attentati, avrebbe costretto nel luglio 2019 l’imprenditore Paolo Laquidara, gestore del locale “Capriccio Lounge bar” di Capo Milazzo, in relazione agli intrattenimenti serali organizzati presso il suo locale, ad impiegare personale per la vigilanza e sicurezza, unicamente riferibile allo stesso Salvatore Gatto ed “in misura maggiore rispetto alle reali necessità”. Lo stesso imprenditore sarebbe stato costretto anche a corrispondere allo stesso personale suggerito da Gatto compensi esorbitanti e somme non dovute, imponendo anche la chiusura del locale, in anticipo rispetto all’orario stabilito dallo stesso gestore. Con analoghe modalità tipiche delle organizzazioni mafiose sempre Salvatore Gatto, agendo da solo tra l’aprile 2018 e l’aprile 2019, in talune occasioni picchiando le stesse vittime, Stefano Russo, Francesco Rantuccio, sottintendendo e prospettando l’eventualità di attentati, costringeva un altro imprenditore di Barcellona, Filippo Benenati, gli stessi Russo e Rantuccio e Antonino Napoli (a cui è riferibile la società “Rng srl”), in relazione agli intrattenimenti serali organizzati presso vari locali tra cui quelli ad insegna “Shoree” e “Paradiso”, ad impiegare personale per la vigilanza e sicurezza unicamente riferibile allo stesso Gatto, sempre in numero superiore alle reali necessità e con compensi maggiorati nell’ordine di 300 euro per ogni serata percepite dal Gatto (oltre alla somma dovuta per il servizio di sicurezza), somme non dovute rispetto ai servizi resi. Inoltre agli stessi operatori economici era stato imposta la scelta di un d.j. di esclusivo gradimento dello stesso Salvatore Gatto e il licenziamento di Luana Stagno e al suo posto l’assunzione di una cugina dello stesso Gatto, oltre alla disponibilità di un tavolo riservato per le sue esigenze, in occasione degli eventi organizzati presso gli stessi locali gestiti dai medesimi imprenditori. Altro episodio estorsivo ha visto Salvatore Gatto agire insieme a Roberto Merlino, con violenza consistita nel rovesciare per terra della cassette di prodotti ortofrutticoli, acquistati dalle vittime presso altri fornitoti, costringevano Giacinto Russo e Caterina Malsano, imprenditori nel settore ortofrutticolo, a rifornirsi presso Roberto Merlino di “merce non richiesta o in quantità maggiore rispetto al reale fabbisogno, applicando prezzi maggiorati rispetto al mercato, impedendo loro di rivolgersi ad altri fornitori e costringendoli a corrispondere somme di denaro non dovute”. Un’altra estorsione “fuori porta” si sarebbe consumata il 24 settembre 2018 ai danni di un locale di Villafranca Tirrena, il “Canarino brillo”. Anche in questo caso Salvatore Gatto ha imposto all’esercente il personale di vigilanza e sicurezza alle sue inaccettabili condizioni.

Edited by, sabato 2 novembre 2024, ore 9,39.   

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