Op. “Gamma Interferon”: Solo 7 condanne, un mare di prescrizioni. Assolto il sostituto commissario Saporito

Solo 7 condanne, un mare di prescrizioni, assoluzioni di peso. E’ stato ridimensionato, davanti al collegio giudicante del Tribunale di Patti, il teorema accusatorio scaturito dall’operazione “GAMMA INTERFERON”, scattata il 13 dicembre 2016 ed eseguita dal Commissariato di polizia di Sant’Agata Militello. Tra gli assolti il sostituto commissario della Polizia di Stato VINCENZO SAPORITO (foto in alto), difeso dagli avvocati TOMMASO CALDERONE e ALESSANDRO PRUITI CIARELLO. Esce bene anche il dott. ANTONINO RAVI’ PINTO, valente funzionario dell’Asp. Nel servizio: la sentenza, la ricostruzione e un capitolo dedicato all’assoluzione di Saporito con l’inciso dell’avvocato Calderone…

GIUSEPPE LAZZARO

Solo 7 condanne, un mare di prescrizioni, assoluzioni di peso, rispetto al quadro originario dell’accusa e alle richieste della pubblica accusa nella requisitoria a fine marzo scorso. E’ stato ridimensionato, davanti al collegio giudicante del Tribunale di Patti (presidente Ugo Scavuzzo, a latere Eleonora Vona e Giovanna Ceccon) il teorema accusatorio scaturito dall’operazione “Gamma Interferon”, che vedeva imputate 41 persone e due delle quali, nel frattempo, decedute: Filadelfio Favazzo e Maurizio Lupica Cavaliere. Gran parte delle altre posizioni e capi d’imputazione, tra cui la stessa associazione a delinquere contestata a due distinti gruppi, sono andati invece incontro alla prescrizione.

LA SENTENZA

Il collegio giudicante ha condannato Salvatore Biagio Borgia (foto sopra), di Militello Rosmarino, alla pena di 4 anni e 3 mesi di reclusione; Nicolino Gioitta, di Alcara Li Fusi, a 4 anni e 6 mesi; Sebastiano Conti Mammamica a 3 anni e 3 mesi; Antonino Calcò e Salvatore Musarra a 3 anni; Tindaro Agostino Ninone e Giovanni Girbino a 2 anni e 6 mesi. I sette sono stati condannati anche al risarcimento dei danni alle parti civili costituite. Oltre al non luogo a procedere per prescrizione, assoluzione perché il fatto non sussiste per Vincenzo Saporito, sostituto commissario della Polizia di Stato in quiescenza e già responsabile del posto fisso di Tortorici ed il macellaio di Tortorici Alberto Paterniti, accusati di un’ipotesi di corruzione, oltreché per altri imputati per singoli capi d’imputazione anche per difetto di querela. Tra chi esce bene dal procedimento anche il dott. Antonino Ravì Pinto, originario di Frazzanò ma residente a Torrenova, funzionario dell’Asp oggi in quiescenza.

ASSOLTO IL SOSTITUTO COMMISSARIO SAPORITO

Il pm aveva chiesto 6 anni di reclusione ma il verdetto, inequivocabile, di piena assoluzione, rende onore ad un fedele servitore dello Stato quale è stato Vincenzo Saporito, per tutti Enzo. Originario di Sant’Angelo di Brolo, residente a Capo d’Orlando, sposato e padre di due figli dei quali una è nell’Esercito Italiano e l’altro ne ha seguito le orme nella Polizia di Stato, il sostituto commissario Saporito ha svolto servizio per 42 anni, da 18 a 60 anni, fino alla quiescenza. Irreprensibile e disponibile, soprattutto Saporito è stato una guida, per la magistratura inquirente, nelle numerose attività antimafia svolte sul territorio. Ha partecipato alle indagini ai tempi della faida tra le cosche dei Bontempo Scavo e dei Galati Giordano di Tortorici con 16 morti e 7 casi di lupara bianca in due anni e alle inchieste delle operazioni più importanti: “Mare Nostrum”, “Romanza”, “Icaro” etc. E’ stato un importante punto di riferimento per i commercianti di Capo d’Orlando che si ribellarono al racket, è stato presente come investigatore in tutti gli altri fatti avvenuti negli ultimi 30 anni nei Nebrodi, anche fuori dalla propria competenza grazie al suo fiuto investigativo. Colonna del Commissariato di polizia di Capo d’Orlando per anni, ha chiuso una luminosa carriera da guida del Posto fisso di Tortorici e, al momento della pensione, ha ricevuto i pubblici elogi degli amministratori e dei cittadini.

Quando è scattata la “Gamma Interferon”, senza sapere neanche come, il sostituto commissario Saporito ha subito l’onta dell’umiliazione: non solo indagato a piede libero per un reato non commesso, come confermato dalla sentenza di ieri ma addirittura i suoi stessi colleghi del Commissariato di Sant’Agata Militello, lo obbligarono o a prendersi la notifica dell’atto allo stesso Commissariato altrimenti gliela avrebbero consegnata a casa. In questo modo il nome di Saporito, con la notifica ricevuta, poteva comparire sui giornali. Oggi è arrivato il momento della verità e del riscatto.

Si chiama Enzo Saporito – scrive l’on. Tommaso Calderone, uno dei due avvocati difensori -, è un ispettore della Polizia di Stato. Per anni ha comandato il Posto Fisso di Polizia a Tortorici. A Tortorici non a Cortina d’Ampezzo. È stato per anni in prima fila e ha lottato in trincea contro la mafia dei Nebrodi. Uomo delle Istituzioni e fedele servitore dello Stato. Poi un fulmine a ciel sereno dopo 42 anni di specchiata carriera. Indagato prima e imputato poi per un reato odioso: corruzione. Ipotesi di accusa evanescente. Il sottoscritto leggeva e rileggeva le carte e non capiva di cosa era accusato Enzo e perché. Ovviamente l’ispettore Saporito su tutti i giornali. Prima pagina e per giorni e giorni. Angoscia infinita, vergogna smisurata.

Al suo fianco, oltre a qualche amico e collega, i suoi difensori: Alessandro Pruiti Ciarello e il sottoscritto. La richiesta della Procura: 6 anni di reclusione. Pochi minuti fa (il riferimento è a ieri sera ndr) la sentenza: ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE. Chi restituirà a Enzo anni di disonore, di angoscia, di vergogna? Mi batterò con tutte le forze che ho perché questo scempio abbia a finire. Finirà, so che finirà, questa vergogna del “mostro in prima pagina””.

LA RICOSTRUZIONE

L’operazione “Gamma Interferon” venne messa a segno dalla polizia del Commissariato di Sant’Agata Militello, al tempo guidato dal dirigente Daniele Manganaro e dalla Squadra Mobile di Messina, il 13 dicembre 2016. L’inchiesta, coordinata dalla Procura di Patti, era relativa ad una presunta filiera parallela e illegale di produzione di carni nel comprensorio nebroideo in cui sarebbero stati coinvolti allevatori locali, macellai e medici veterinari, in servizio all’Asp di Messina, sezione di Sant’Agata Militello. I reati contestati, a vario titolo, andavano dall’associazione a delinquere all’abigeato e maltrattamenti di animali, dalla somministrazione senza alcun controllo medico di farmaci ai capi di bestiame, alle macellazioni clandestine e alle false certificazioni nei controlli degli animali le cui carni non idonee al consumo umano. L’indagine aveva portato ad iscrivere nel registro degli indagati una cinquantina di persone, con 33 misure cautelari eseguite. 41 furono poi rinviate a giudizio per 127 capi di imputazione. Nella requisitoria, il 31 marzo scorso, il pm Federica Urban aveva chiesto la condanna per 30 imputati per i quali erano rimasti in piedi 39 dei capi di imputazione mentre per nove posizioni era intervenuta la prescrizione e la pubblica accusa aveva chiesto il non luogo a procedere così come per due imputati che, nel frattempo, sono deceduti. Le pene richieste andavano da 8 anni ad 8 mesi di reclusione.

Le parti civili costituite sono state: Asp di Messina, Parco dei Nebrodi, Associazione “Difesa Utenti Servizi Bancari e Finanziari”, Codacons e Associazione “Tribunale dei Consumatori”. Il collegio difensivo è stato composto dagli avvocati Tommaso Calderone, Alessandro Pruiti Ciarello, Antonio Di Francesca, Giuseppe Scillia, Giuseppe Danna, Marilena Bonfiglio, Nicoletta Calanni Macchio, Salvatore Giannone, Santino Trovato, Laura Todaro, Flavia Galbato Muscio e Sebastian Calcò. Le motivazioni della sentenza saranno depositate entro novanta giorni. 

Edited by, giovedì 20 luglio 2023, ore 10,38. 

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