Palermo: In 350.000 per il Festino di Santa Rosalia. Fischi al sindaco Lagalla

Il Festino di SANTA ROSALIA, patrona di Palermo, è finito con la classica cascata dei fuochi d’artificio, secondo tradizione. Una folla di 350.000 persone, stando ai dati del Comune, ha accompagnato la Santuzza da Palazzo dei Normanni al Foro Italico. Cronaca della processione di ieri sera con sonori fischi al sindaco ROBERTO LAGALLA e del Solenne Pontificale svoltosi stamane. Servizio sul link Sicilia News, foto di Salvo Gravano e la storia di Santa Rosalia…

Il Festino di Santa Rosalia, patrona di Palermo, è finito con la classica cascata dei fuochi d’artificio, secondo tradizione. Una folla di 350.000 persone, stando ai dati del Comune, ha accompagnato la Santuzza da Palazzo dei Normanni al Foro Italico.

Il 401. Festino è caduto in una fase non semplice della città, allarmata per il livello di (in)sicurezza, dopo le violenze raccontate dai recenti fatti di cronaca. Il malumore è stato testimoniato dai fischi che hanno accompagnato il sindaco, Roberto Lagalla, impegnato nel tradizionale messaggio augurale: “Viva Palermo e Santa Rosalia!” (foto in basso).

L’Arcivescovo di Palermo, monsignor Corrado Lorefice, ha voluto ricordare, nell’omaggio alla Santuzza, Sara Campanella, la studentessa universitaria di Misilmeri uccisa a Messina lo scorso 31 marzo e le altre vittime di femminicidio, con un messaggio toccante. L’allestimento scenico è sembrato efficace. La festa di popolo è stata vissuta senza disagi per l’ordine pubblico. Appuntamento al 400+2.

Rosalia è viva. È con noi. È in comunione con noi”. Le parole dell’Arcivescovo di Palermo, monsignor Corrado Lorefice (foto in basso), hanno risuonato in una Cattedrale gremita per il solenne pontificale di Santa Rosalia.

Il giorno dopo la festa civile, la città si è riunita oggi per le celebrazioni religiose in onore della Santuzza: di mattina la celebrazione eucaristica, stasera la processione e l’atteso discorso a piazza Marina. Un appuntamento ormai tradizionale, con cui il presule richiama al senso più profondo del Festino.

Rosalia non è solamente una grande donna del passato di questa nostra città, di cui vantarsi, famosa anche oltre i confini dell’Italia – ha detto l’Arcivescovo durante l’omelia -. Come donna è certamente la più importante di Palermo e per Palermo. Fondamentale. Necessaria, direi. Ma Rosalia – non possiamo sottacerlo, tanto meno dimenticarlo – è donna in Cristo – ha ammonito Lorefice – nostra Santa patrona. Se il 14 luglio l’intera città la acclama con il festino, il 15 luglio noi cristiani che abitiamo a Palermo e i pellegrini che vi sopraggiungono la veneriamo come fulgida sorella nella fede”. Parole pronunciate in una Cattedrale piena di palermitani e turisti, donne che indossano i cerchietti di rose ma anche autorità civili e militari. Alle spalle dell’altare, sotto lo stendardo del Comune, il sindaco Roberto Lagalla, l’assessore Pietro Alongi, il presidente del consiglio comunale Giulio Tantillo e la vice Teresa Piccione. Nella navata laterale, invece, il governatore Renato Schifani, il Questore Vito Calvino, il vicepresidente dell’Ars Nuccio Di Paola, la Procuratrice per i minorenni Claudia Caramanna. All’altare decine di presbiteri, diaconi, i Vescovi emeriti di Cefalù e Monreale, monsignori Vincenzo Manzella e Salvatore Di Cristina.

Rosalia ci aiuta ad essere Chiesa che attende – ha aggiunto l’Arcivescovo di Palermo – così da non inardirsi e conformarsi all’insipienza del mondo, pronta a destarsi nel suo costante sopraggiungere nel tempo, nei poveri e negli scarti umani prodotti ad oltranza dall’economia del profitto illimitato, idolo pernicioso che ci schiavizza sempre più”. Un clima di festa iniziato ieri sera, con il corteo lungo il Cassaro, in cui però hanno fatto notizia anche i fischi ai Quattro Canti all’indirizzo del sindaco Lagalla. Un episodio su cui, sui social, è intervenuto don Francesco Di Pasquale, parroco a Sferracavallo. “I fischi a questa amministrazione e al sindaco sono il termometro di un’insoddisfazione generale – ha scritto – e di una stanchezza verso una politica che in questi anni ha abbandonato la città. Palermo merita di essere governata da un sindaco che decide e non scappa dai problemi”. La prossima festa in onore di Santa Rosalia sarà adesso il 4 settembre, giorno liturgico sul calendario. In questa occasione saranno in migliaia a raggiungere a piedi il Santuario posto sul Monte Pellegrino.

STORIA DI SANTA ROSALIA

Rosalia (nata a Palermo nel 1130, ivi morta il 4 settembre 1170) è venerata come Santa dalla Chiesa Cattolica. Patrona di Palermo, il suo culto è uno dei più diffusi di tutta la città e dell’intera Sicilia. Il tradizionale Festino di Santa Rosalia, celebrato in onore della Santa, coinvolge centinaia di migliaia di persone provenienti da tutta la Sicilia. Le sue reliquie sono conservate presso la Cattedrale di Palermo, a lei dedicata assieme alla Vergine Assunta.

Rosalia Sinibaldi nacque nel 1130, presumibilmente a Palermo, dal Conte Sinibaldo Sinibaldi, signore di Monte delle Rose e Quisquina, membro della famiglia dei Berardi, noti come Conti dei Marsi, famiglia discendente diretta dell’Imperatore Carlo Magno, e dalla nobile Maria Guiscardi, nipote del Re Ruggero II di Sicilia. È nota per essere stata altresì pro-nipote dei cardinali Berardo dei Marsi, Giovanni di Tuscolo, Leone Marsicano e Oderisio di Montecassino.

Quanto alla sua nascita è stato tramandato che nel 1128 il Re Ruggero II di Sicilia, mentre osservava il tramonto dal Palazzo Reale con la moglie Elvira di Castiglia, vide apparirgli una figura che gli disse: «Ruggero, io ti annuncio che, per volere di Dio, nascerà nella casa di Sinibaldo, tuo congiunto, una rosa senza spine». Per tale motivo, poco tempo dopo, quando nacque, la bambina fu chiamata Rosalia, da un’etimologia popolare latina secondo cui il nome Rosalia sarebbe composto da rosa e lilium, ovvero rosa e giglio. Esiste un’altra tradizione che vede spettatori della visione Guglielmo I di Sicilia e sua moglie Margherita di Navarra ma tale avvenimento non può essere accaduto poiché Rosalia nacque nel 1130, mentre Guglielmo regnò dal 1154 al 1166. Da giovane Rosalia visse in ricchezza presso la corte di Ruggero e la villa paterna, ubicata nell’attuale quartiere di Olivella. Rosalia, educata a corte, per la sua bellezza e gentilezza, nel 1149 divenne damigella d’onore della Regina Sibilla di Borgogna. Un giorno il Conte (o secondo altri principe) Baldovino (erroneamente identificato con Baldovino III di Gerusalemme) salvò il Re Ruggero da un animale selvaggio (un leone, secondo la leggenda) che lo stava attaccando; il re volle ricambiarlo con un dono, allorché Baldovino chiese in sposa Rosalia. Il giorno antecedente le nozze Rosalia, mentre si specchiava, vide riflessa l’effige di Gesù. La ragazza, il giorno seguente, si presentò a corte con le bionde trecce tagliate, declinando l’offerta e preferendo abbracciare la fede, cui si era già dedicata da fanciulla. A 15 anni abbandonò quindi il Palazzo Reale, il ruolo di damigella e la casa paterna e si rifugiò a Palermo presso la chiesa del Santissimo Salvatore, all’epoca monastero. Tuttavia, ben presto, anche quel luogo non le era più congeniale, ciò a causa delle continue visite dei genitori e del promesso sposo che cercavano di dissuaderla dal suo intento. Dopo aver scritto e consegnato una lettera in greco con una Croce di legno alle monache, decise quindi di trovare rifugio presso una grotta situata nei possedimenti del padre, presso Santo Stefano Quisquina (Agrigento), dove visse per 12 anni, documentando la propria scelta di vita con un’epigrafe latina scritta all’ingresso della grotta. Successivamente, la Regina Sibilla consentì a Rosalia di far ritorno a Palermo e di occupare un’altra grotta, quella posta sul Monte Pellegrino: qui sarebbe morta nel sonno, in pace e in solitudine, il 4 settembre 1170, all’età di 40 anni.

Secondo la leggenda, nel 1625 la Santa salvò Palermo dalla peste e ne divenne la patrona, esautorando, difatti, gli altri patroni della città, tra cui Agata, Cristina, Ninfa e Oliva. Infatti, mentre infuriava la terribile epidemia arrivata in città il 7 maggio 1624 da una nave proveniente da Tunisi, presso l’antico altare dedicato alla Santa, accanto a una grotta sul Monte Pellegrino, avvenne un fatto straordinario: venne rivelato in visione a Girolama La Gattuta il luogo dove si trovavano i resti mortali della Santa e questi, trovati il 15 luglio, furono portati nella camera del Cardinale Giannettino Doria, Arcivescovo di Palermo.

In seguito, il 13 febbraio 1625, la Santa apparve al povero “saponaro” Vincenzo Bonelli, abitante dell’antico quartiere di Panneria, che viveva barattando mobili vecchi. Avendo perso la consorte quindicenne a causa della peste, era salito sul Monte Pellegrino sul far della sera con l’intento di gettarsi giù dal precipizio prospiciente il mare (zona Addaura) per farla finita, causa la sua disperazione per la prematura scomparsa della giovane moglie. Al momento di mettere in atto il suo triste intento, gli apparve innanzi una splendida figura di giovane donna pellegrina, bella e di grande splendore, che lo dissuase dal suo proposito, portandolo giù con sé al fine di mostrargli la sua grotta; infatti lo condusse nei pressi dell’antica chiesa di Santa Rosolea, già allora esistente e dove la si venerava da antica data, nei pressi della famosa grotta che ella gli indicò come la sua “cella pellegrina”. Scese con lui dalla cosiddetta “Valle del Porco” verso la città, esortandolo a pentirsi; inoltre lo invitò a informare Giannettino Doria che non si facessero più «dispute e dubbi» sulle sue ossa e che, infine, venissero portate in processione per Palermo, poiché lei, Rosalia, aveva già ottenuto la certezza, dalla gloriosa Vergine Madre di Dio che, al passaggio delle sue ossa durante il canto del Te Deum laudamus, la peste si sarebbe fermata. Rosalia gli disse inoltre: «E per segno della verità, tu, in arrivare a Palermo, cascherai ammalato di questa infermità [la peste] e ne morrai, dopo aver riferito tutto ciò al cardinale: da ciò egli trarrà fede a quanto gli riferirai». Tutto questo il Bonelli lo raccontò al suo confessore, padre Pietro Lo Monaco, parroco della chiesa di Sant’Ippolito, che glielo fece riferire subito al Cardinale di Palermo il quale – constatando che realmente il Bonelli si era improvvisamente ammalato di peste e ne stava di lì a breve morendo – gli diede credito, e il 9 giugno fece fare una solenne processione con le sante reliquie ritrovate l’anno prima, liberando immediatamente, durante la processione delle reliquie di Rosalia, la città di Palermo dalla peste. Poiché la memoria della Santa palermitana nel XVII secolo lasciava ancora qualche residuo nelle litànie (si narra infatti che, durante una delle processioni che invocavano i vari Santi per liberare la città dal contagio, due diaconi pronunciassero il nome di Santa Rosalia contemporaneamente, segno che fece riaffiorare l’interesse in città per il suo culto “sòpito”), la riscoperta del suo corpo glorioso sul Monte Pellegrino incastonato in un involucro di roccia cristallina (che poco dopo si scoprì essere calcarenite) e la successiva rivelazione al Cardinale Doria del racconto del Bonelli con conseguente liberazione della città dall’epidemia, ne sancì il definitivo e popolare patrocinio, ratificato a Roma sotto il pontificato di Papa Urbano VIII.

              g.l.

Edited by, martedì 15 luglio 2025, ore 18,06. 

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