Salute&Benessere: Alimentazione, obesità e ipertensione: il killer silente dei giorni nostri

Continuiamo oggi a conoscere uno dei più frequenti fattori di rischio di malattie cardiovascolari: l’ipertensione. E’ questo il tema del settimanale appuntamento con la nostra rubrica, “Salute&Benessere”, curata dalla dottoressa ISABELLA SALVIA, nutrizionista con studio in Torrenova e giornalista pubblicista (in archivio, sul link apposito, gli altri servizi pubblicati)…

Continuiamo oggi a conoscere uno dei più frequenti fattori di rischio di malattie cardiovascolari: l’ipertensione.

In Europa le malattie cardiovascolari rappresentano la principale causa di morte e sono all’origine del 40% dei  decessi ogni anno.

Dagli studi pubblicati negli ultimi 10 anni, l’incidenza dell’ipertensione arteriosa, fattore di rischio per lo sviluppo di malattie cardiovascolari, colpisce dal 30 a oltre il 50% della popolazione adulta.

In Italia, la cardiopatia coronarica e l’ictus sono malattie a elevata frequenza e sono tra le cause più diffuse di invalidità.

L’ipertensione arteriosa è molto frequente, generalmente non determina sintomi, è di facile diagnosi, viene di solito controllata con semplici interventi terapeutici ma provoca spesso complicanze mortali se viene trascurata.

Una pressione arteriosa elevata costringe infatti il cuore a un superlavoro e accelera la formazione di placche aterosclerotiche sulle pareti delle arterie.

Secondo le linee guida ESH/ESC, l’ipertensione può essere definita tale per valori di pressione arteriosa sistolica (PAS) maggiore o uguale a 140 mmHg e/o valori di pressione diastolica (PAD) maggiore o uguale a 90 mmHg.

Le complicanze dell’ipertensione arteriosa possono manifestarsi in diverse aree dell’organismo: a livello cerebrovascolare (attacco ischemico transitorio, ictus cerebrale), cardiaco (angina pectoris, infarto del miocardio, morte cardiaca improvvisa, scompenso cardiaco), vascolare periferico (arteriopatia occlusiva, aneurisma), renale o retinico.

Chiaramente i rischi aumentano in ragione della diversa distribuzione dei fattori di rischio concomitanti come il fumo di sigaretta, diabete mellito, assetto lipidico e familiarità per malattie cardiovascolari.

Non vi è poi alcun dubbio che esista una correlazione tra obesità e pressione arteriosa.

Nei soggetti normotesi, l’aumento del peso è associato a un aumento della pressione arteriosa, mentre negli obesi ipertesi la perdita di peso porta a una riduzione della pressione stessa o, nel caso siano sottoposti a trattamento farmacologico, potrebbe rendere possibile la riduzione o l’abolizione di quest’ultimo.

Il rapporto vita/fianchi è considerato il miglior fattore predittivo del rischio cardiovascolare (deve essere inferiore a 0,95 cm per gli uomini e inferiore a 0,85 cm per le donne).

Vengono poi presi in considerazione l’indice di massa corporea (vedere tra gli articoli in archivio per sapere come si calcola), che già a valori di 25 nelle donne viene considerato a rischio, e la circonferenza addominale, che non deve superare i 102 cm per gli uomini e gli 88 cm per le donne.

L’ipertensione indotta dall’obesità si associa ad un aumento delle resistenze periferiche e della gittata cardiaca, con aumento del tono del sistema nervoso simpatico, aumentata sensibilità al sodio e ritenzione sodica mediata dall’insulina.

Spesso si nota infatti una buona risposta dell’ipertensione al calo ponderale.

Si stima che un aumento di peso del 10% determini un aumento della pressione arteriosa pari a 6 mmHg.

Di contro, la riduzione di peso corporeo medio di 5,1 Kg si è rivelata essere associata ad una riduzione media di pressione arteriosa sistolica e pressione arteriosa diastolica pari a 4,4/3,6 mmHg.

Il calo ponderale può inoltre migliorare l’efficacia dei trattamenti ipertensivi sul profilo del rischio cardiovascolare.

L’approccio del professionista della nutrizione mirerà a includere accorgimenti dietetici che prevedano l’inserimento di adeguata quantità di verdure, prodotti a basso contenuto di grassi, cibi a base di fibre senza dimenticare che l’esercizio fisico aerobico regolare può essere benefico sia per la prevenzione che per il trattamento dell’ipertensione.

Vi è l’evidenza, inoltre, di una relazione causale tra il contenuto di sale della dieta e la pressione arteriosa. I meccanismi che legano l’assunzione di sale all’incremento della pressione includono un aumento del volume extra-cellulare ( facilmente rilevabile con l’esame impedenziometrico effettuato con adeguata strumentazione) ma anche delle resistenze vascolari periferiche, legate in parte all’attivazione simpatica. Un’assunzione di sale inferiore a 5 g/die è raccomandata nella popolazione generale. L’effetto della restrizione sodica è maggiore negli anziani, nei soggetti con diabete, sindrome metabolica o insufficienza renale e potrebbe permettere di ridurre il numero e la dose di farmaci ipertensivi.

In questo caso, il biologo nutrizionista utilizzerà strategie alimentari che mirano a ridurre il sodio attraverso un appropriato piano alimentare.

Alla luce di quanto detto possiamo concludere che una corretta modifica dello stile di vita dal punto di vista alimentare, oltre a rappresentare un’alternativa terapeutica valida per pazienti con un lieve grado di ipertensione, grazie alla sua efficacia è sicuramente di grande supporto a qualsiasi terapia farmacologica anche in pazienti con gradi di ipertensione più gravi.

Ricordo a tutti che eventuali quesiti o temi d’interesse mi potranno essere segnalati su Facebook alla pagina “Dott.ssa Isabella Salvia – Biologa Nutrizionista” o tramite WhatsApp al 3206556820.

            Isabella Salvia

I contenuti di questo articolo hanno esclusive finalità informative e divulgative, non essendo destinati ad offrire consulenza medica/nutrizionale personale. La dottoressa Isabella Salvia consiglia sempre di rivolgersi ad un professionista qualificato della nutrizione (dietologo, biologo nutrizionista o dietista) per ricevere un piano alimentare personalizzato, redatto sulla base di una diagnosi individuale, sia per soggetti sani che per le persone affette da qualsiasi patologia accertata.

Edited by, venerdì 16 giugno 2017, ore 17,44.

 

 

 

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