La nuova mafia nel barcellonese: 33 condanne e 6 assoluzioni con i riti abbreviati per l’operazione del febbraio 2022

A poco meno di un anno dal blitz che portò 53 persone in carcere, 28 ai domiciliari e 5 obblighi, è arrivata la sentenza per una tranche sulla nuova mafia del barcellonese nata dopo le operazioni “Gotha”. Con il rito abbreviato il Gup del Tribunale di Messina SIMONA FINOCCHIARO ha condannato 33 imputati e disposto 6 assoluzioni. A Messina e Barcellona in corso i processi per gli imputati giudicati con il rito ordinario. Foto in alto, da sx: CARMELO VITO FOTI, MARIANO FOTI e GIACOMO MAURIZIO SOTTILE, i maggiori condannati a 20 anni di reclusione. Il servizio…

GIUSEPPE LAZZARO

Vanno dai 20 ai 2 anni di reclusione le condanne per un gruppo di imputati coinvolti nell’operazione che, nel febbraio dello scorso anno, portò all’emissione di 86 misure cautelari, di cui 53 in carcere, 28 ai domiciliari e 5 con l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per le accuse, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, scambio elettorale politico-mafioso, trasferimento fraudolento di valori, detenzione e porto illegale di armi, incendio, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione ai fini di spaccio di stupefacenti, sfruttamento della prostituzione, con l’aggravante del metodo mafioso.

Per i 39 giudizi abbreviati il Gup del Tribunale di Messina Simona Finocchiaro ha disposto 33 condanne e 6 assoluzioni.

Per il triumvirato, di chi comandava al vertice dell’organizzazione, composto da Carmelo Vito Foti, Mariano Foti e Giacomo Maurizio Sottile decisi 20 anni di carcere.

Queste le altre condanne: 2 anni (pena sospesa) per Enrico Albergo, Stefano Bartuccio e Davide Canevari; 8 anni e 6 mesi per Andrea Alesci; 6 anni e 10 mesi ad Antonino, Santo e Alesci Lo Presti; 9 anni a Jordan Brunini; 9 anni e 2 mesi a Salvatore Gatto, Giovanni Imbesi, Gianluca Campo, Enrico Mara e Raoul Milici; 5 anni e 4 mesi ad Angela Chiofalo; 7 anni a Bartolo Costantino; 13 anni e 4 mesi ad Antonino Crea; 1 anno e 10 mesi a Roberto De Luca; 4 anni ad Angelo Tindaro De Pasquale; 3 anni e 4 mesi a Felice De Pasquale; 10 anni e 10 mesi ad Antonino Falcone; 6 anni e 8 mesi a Roberto Merlino, Francesco Salvatore Foti, Giusy Giardina, Salvatore Antonino Triolo, Steven Meo; 2 anni a Carmelo Imbesi, Maurizio La Spada, Rosario Daniele Mantineo; 12 anni e 2 mesi ad Antonino Mazzeo e Agostino Milone; 5 anni a Giampiero Munafò; 9 anni e 4 mesi a Filippo Torre.

Assolti: Pietro Guerriera, Natale Morasca, Filippo Iannello, Maurizio Iannello, Carmine Di Natale, Salvatore Torre. Non doversi procedere e liberazione immediata per Carmelo Imbesi, al quale viene restituito il negozio. Accordati parecchi risarcimenti alle associazioni antimafia e anti-racket che si sono costituite parte civile nel processo.

Il collegio di difesa è stato composto dagli avvocati Sebastiano Campanella, Santi Certo, Giuseppe Lo Presti, Tommaso Calderone, Carmelo Monforte, Paolo Pino, Filippo Barbera, Diego Lanza, Salvatore Silvestro, Tino Celi e Gaetano Pino.

L’accusa è rappresentata dal Procuratore aggiunto di Messina Vito Di Giorgio e dai sostituti procuratori della Dda Fabrizio Monaco e Antonella Fradà.

Hanno scelto il rito ordinario in 22: Giovanni Biondo, Vincenzo Nucera, Angelo Porcino, Salvatore Foti, Luigi Bucolo, Salvatore Cannistraci, Sebastiano Aricò, Orazio Maggio, Paolo Laquidara, Youness Marouane, Domenico Italiano, Salvatore Villari, Giacinto Russo, Carmelo Maggio, Alessio Catalfamo, Aldenice Santos Cardoso, Massimo Abbriano, Antonino Bonaffini, Stefana De Luca, Mariano Calderone, Filippo Bonaffini e Concetta Boncordo.

Al Tribunale di Messina il processo è iniziato il 20 dicembre scorso per i due Bonaffini, Boncordo, Cannistraci, i due Maggio, Laquidara, Italiano, Villari, Russo. Al Tribunale di Barcellona il processo è iniziato lo scorso 14 novembre per Biondo, Nucera, Porcino, Foti, Bucolo, Aricò, Marouane, Catalfamo, Santos Cardoso, Abbriano, De Luca e Calderone.

L’INCHIESTA

L’indagine ha evidenziato come Carmelo Vito Foti, Mariano Foti e Ottavio Imbesi, considerati esponenti di spicco della famiglia mafiosa dei “Barcellonesi”, una volta scarcerati o agli arresti domiciliari, avrebbero assunto il controllo di buona parte delle attività dell’organizzazione e che, dopo la morte di Imbesi per cause naturali, la gestione operativa del clan sarebbe rimasta in mano agli altri due. Pur essendo ai domiciliari, secondo gli investigatori, avrebbero concordato una gestione collettiva delle estorsioni con un ritorno alla cassa comune da prelevare nelle festività di Pasqua, Natale e Ferragosto. Dalle indagini è anche emerso che venivano pianificate azioni intimidatorie.

Le indagini che hanno portato agli 86 provvedimenti cautelari eseguiti dai carabinieri l’anno scorso nell’ambito dell’inchiesta sulla mafia barcellonese andavano avanti già da due anni ma, prima delle elezioni amministrative del 4 e 5 ottobre 2020 a Barcellona che videro la vittoria dell’attuale sindaco, avvocato Pinuccio Calabrò, le intercettazioni telefoniche ed ambientali avrebbero fatto emergere le relazioni tra la cosca e la classe politica locale. Rapporti che si sarebbero sviluppati con la lista “Diventerà Bellissima” e, in particolare, tra Carmelo Caliri e Mariano Foti, uomo di spicco che dopo la morte di Ottavio Imbesi e Cristian Barresi, avrebbe assunto l’intera gestione del traffico di stupefacenti. In particolare Foti avrebbe chiesto una sistemazione lavorativa per il figlio Salvatore poi ottenuta attraverso Mariano Calderone. Così, si legge nell’ordinanza firmata dal Gip di Messina Ornella Pastore, Carmelo Vito Foti e Rosario De Pasquale avrebbe sostenuto politicamente i candidati della lista “Diventerà Bellissima”, sponsorizzata a Mariano Foti. In particolare, sarebbe emerso come Carmelo Vito Foti si sia speso elettoralmente in favore di Domenica Milone, candidata (e destinataria di 141 voti).

Qualche mese dopo, l’11 settembre 2020, in un’altra intercettazione sarebbe emerso il supporto elettorale che Carmelo De Pasquale avrebbe fornito a Giampiero La Rosa, candidato, sempre della lista “Diventerà Bellissima” ed eletto consigliere comunale con 347 voti di preferenza.

Risulta in particolare – scrive ancora il Gip Pastore – che Rosario De Pasquale veniva contattato telefonicamente da Sebastiano La Rosa, detto “Nello”, il quale gli domandava se era troppo tardi per chiedere voti per il figlio. Al suo interlocutore De Pasquale rispondeva che non ci sarebbero stati problemi (“no, non è tardi, tu già nel mio cuore eri, non c’è bisogno che me ne cerchi…”) rassicurandolo (“ma io ti dico dov’è che voto a te Nello, perché io ti rispetto…(..) ah! non c’è problema, puoi venire l’ultimo giorno da me, puoi stare sicuro, anzi, se mi dici dov’è e se posso abbinare con qualche femmina, favoriamo pure ad un’altra…”). Il riferimento, ovviamente, è inteso alla doppia preferenza che l’elettore può dare purchè, nella stessa lista, si dia la preferenza almeno a una donna candidata.

Il 14 settembre 2020 veniva intercettato un dialogo tra Rosario De Pasquale ed il suo figlioccio Antonino Alessandro Truscello, nel corso del quale i due discutevano sulla distribuzione dei voti ai vari candidati, tra i quali il figlio di Nello La Rosa, considerato dal De Pasquale un soggetto sempre a disposizione’ (“Figlioccio, noi altri abbiamo Nello La Rosa che ce lo troviamo sempre, ci siamo? Suo figlio, a suo figlio, ed è uno. Omissis…”).

Agli atti anche una cena elettorale, in un ristorante di Barcellona, un mese prima delle elezioni, in cui De Pasquale (accompagnato da altri soggetti) si sarebbe appartato negli scantinati del locale con il candidato al consiglio comunale Antonino Famà inserito nella lista “Calabrò Sindaco”, il quale non venne poi eletto. Nel corso della serata si sarebbe concordato di attuare una comune strategia per indirizzare il consenso elettorale in favore di Antonino Famà, Giulia Rosina e Tindaro Grasso, in modo da ottenere la nomina di un assessore di loro gradimento. Famà, in caso di vittoria, sarebbe stato sollecitato a farsi rappresentante di interessi economici di gruppo, procacciando incarichi politici, quali nomine di esperti e consulenti presso il Comune di Barcellona Pozzo di Gotto. De Pasquale, quindi, avrebbe fornito anche supporto elettorale a Tindaro Grasso e alla candidata Giulia Rosina e nel rassicurare il padre di costei sul suo sostegno, rappresentava, significativamente, al suo interlocutore che si sarebbe rivolto anche a Mariano Foti, per procurare voti in favore della Rosina (che, pur non essendo eletta, candidata nella lista del partito del sindaco Calabrò, otteneva 107 preferenze (“Femmine non ne ho in questa lista, ci siamo? Ora ho guardato e io gli ho detto “i miei io glieli do a Rosina”).

Il boss di Barcellona Pozzo di Gotto Mariano Foti aveva cercato contatti con imprenditori e politici locali come Mario Tindaro Ilacqua, dipendente della ditta Pi.esse.i. srl che opera nel settore delle energie rinnovabili per creare una rete imprenditoriale che ottenesse appalti legati all’eco bonus 110%. Secondo gli inquirenti sarebbero state create le basi per una “rete commerciale a cui affidare il compito di segnalare gli edifici su cui effettuare i lavori di ristrutturazione edilizia e di efficientamento energetico previsti dall’ecobonus”.

A Salvatore Gatto, pro-console per Milazzo e dintorni del barcellonese Carmelo Vito Foti, oltre all’incendio doloso dei locali del “Santorini” di Monforte San Giorgio (29 dicembre 2017 ndr), si contestano una serie di estorsioni ai danni di operatori economici di Milazzo. Tutte estorsioni aggravate dalle modalità mafiose. Gatto, da solo, ricorrendo a minacce anche implicite in forza della sua aspirazione di far parte del gruppo mafioso dei “Barcellonesi”, facendo presagire alle vittime il rischio di attentati avrebbe costretto nel luglio 2019 l’imprenditore Paolo Laquidara, gestore del locale “Capriccio Lounge bar” di Capo Milazzo, in relazione agli intrattenimenti serali organizzati presso il suo locale, ad impiegare personale per la vigilanza e sicurezza, unicamente riferibile allo stesso Salvatore Gatto ed “in misura maggiore rispetto alle reali necessità”. Lo stesso imprenditore sarebbe stato costretto anche a corrispondere allo stesso personale suggerito da Gatto compensi esorbitanti e somme non dovute, imponendo anche la chiusura del locale, in anticipo rispetto all’orario stabilito dallo stesso gestore. Con analoghe modalità tipiche delle organizzazioni mafiose sempre Salvatore Gatto, agendo da solo tra l’aprile 2018 e l’aprile 2019, in talune occasioni picchiando le stesse vittime, Stefano Russo, Francesco Rantuccio, sottintendendo e prospettando l’eventualità di attentati, costringeva un altro imprenditore di Barcellona, Filippo Benenati, gli stessi Russo e Rantuccio e Antonino Napoli (a cui è riferibile la società Rng srl), in relazione agli intrattenimenti serali organizzati presso vari locali tra cui quelli ad insegna “Shoree” e “Paradiso”, ad impiegare personale per la vigilanza e sicurezza unicamente riferibile allo stesso Gatto, sempre in numero superiore alle reali necessità e con compensi maggiorati nell’ordine di 300 euro per ogni serata percepite dal Gatto (oltre alla somma dovuta per il servizio di sicurezza), somme non dovute rispetto ai servizi resi. Inoltre agli stessi operatori economici era stato imposta la scelta di un d.j. di esclusivo gradimento dello stesso Salvatore Gatto e il licenziamento di Luana Stagno e al suo posto l’assunzione di una cugina dello stesso Gatto, oltre alla disponibilità di un tavolo riservato per le sue esigenze, in occasione degli eventi organizzati presso gli stessi locali gestiti dai medesimi imprenditori. Altro episodio estorsivo ha visto Salvatore Gatto agire insieme a Roberto Merlino, con violenza consistita nel rovesciare per terra della cassette di prodotti ortofrutticoli, acquistati dalle vittime presso altri fornitoti, costringevano Giacinto Russo e Caterina Malsano, imprenditori nel settore ortofrutticolo, a rifornirsi presso Roberto Merlino di “merce non richiesta o in quantità maggiore rispetto al reale fabbisogno, applicando prezzi maggiorati rispetto al mercato, impedendo loro di rivolgersi ad altri fornitori e costringendoli a corrispondere somme di denaro non dovute”. Altra estorsione “fuori porta” si è consumata il 24 settembre 2018 ai danni di un locale di Villafranca Tirrena, il “Canarino brillo”. Anche in questo caso Salvatore Gatto ha imposto all’esercente il personale di vigilanza e sicurezza alle sue inaccettabili condizioni.

Edited by, sabato 4 febbraio 2023, ore 12,26. 

 

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