Manca la prova del patto tra Lombardo e la mafia. La Cassazione deposita le motivazioni dell’assoluzione dell’ex governatore

A distanza di cinque mesi e mezzo la Cassazione ha reso note le motivazioni che, il 7 marzo scorso, hanno determinato la conferma, definitiva, dell’assoluzione nei confronti di RAFFAELE LOMBARDO (foto in alto), dal 2008 al 2012 presidente della Regione Siciliana e leader dell’Mpa. La Suprema Corte aveva confermato l’assoluzione disposta in appello. Il servizio sul link Sicilia News…

La condotta di concorso esterno nell’associazione mafiosa, ritagliata su attività politico-amministrative del concorrente esterno, richiede la prova che sulla base di un patto di scambio il politico abbia assicurato all’organizzazione il controllo di tutto o parte delle attività politiche-amministrative una volta eletto”. Lo scrive la VI Sezione penale della Corte di Cassazione nelle motivazioni con cui ha dichiarato inammissibile il ricorso della Procura generale di Catania contro la sentenza con cui la Corte d’appello di Catania, il 7 gennaio del 2022, ha assolto l’ex governatore della Sicilia e leader dell’Mpa, Raffaele Lombardo, dalle accuse di concorso esterno mafioso e di reato elettorale aggravato dall’avere favorito la mafia.

La Procura generale della Cassazione aveva sollecitato un annullamento con rinvio e un nuovo esame da parte dei giudici di secondo grado. La sentenza della Cassazione è stata emessa il 7 marzo scorso e le motivazioni sono state depositate adesso. Al centro del processo c’erano i presunti contatti di Raffaele Lombardo con esponenti dei clan etnei che l’ex governatore ha sempre negato.

La sentenza rescindente – scrivono il presidente Anna Petruzzellis e il consigliere relatore Emilia Anna Giordano – è netta nell’affermare la necessità della prova della conclusione di un patto di tal genere, prova che non può essere ravvisata nella sola esistenza di rapporti tra lo stesso ed esponenti anche di vertice dell’organizzazione criminale aventi a oggetto fatti privi di illiceità”. Secondo i giudici sella Suprema Corte, inoltre, “il dato dell’infiltrazione mafiosa di Cosa Nostra catanese nelle attività economiche sul territorio che si intrecciano con il controllo e governo delle attività che fanno capo alle pubbliche amministrazioni, costituisce un pre-requisito di conoscenza e non può essere elevato esso stesso a “prova””. “L’analisi della Corte di Appello – scrive la Cassazione – è stata svolta sulla scorta di un puntuale e completo esame di tutte le risultanze processuali sicché alcuna carenza o omissione dell’esame dei dati processualmente rilevanti inficia la scansione del ragionamento probatorio”.

LA VICENDA

Il 7 marzo 2023 si è chiusa la vicenda processuale per l’ex governatore della Sicilia (in carica dal 2008 al 2012) ed ex leader dell’Mpa, Raffaele Lombardo: la Cassazione ha giudicato inammissibile il ricorso della Procura generale di Catania contro la sentenza del 7 gennaio del 2022 che lo ha assolto dalle imputazioni di concorso esterno alla mafia, perché il fatto non sussiste, e di reato elettorale aggravato dall’avere favorito la mafia, per non avere commesso il fatto. Il Procuratore generale della Cassazione aveva chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza di secondo grado.

Al centro del processo c’erano i presunti contatti di Raffaele Lombardo con esponenti dei clan etnei che l’ex governatore ha sempre negato sostenendo di avere “nuociuto alla mafia come mai nessuno prima di me”, di “non avere incontrato esponenti delle cosche e di avere sempre combattuto Cosa nostra”. Il procedimento ha anche trattato presunti favori elettorali del clan a Raffaele Lombardo nelle Regionali del 2008, in cui fu eletto governatore, e a suo fratello Angelo, per cui si procede separatamente, per le elezioni politiche dello stesso anno. La Seconda sezione penale della Cassazione, nel 2019, aveva annullato con rinvio la sentenza emessa il 31 marzo 2017 dalla Corte d’Appello di Catania che aveva assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa l’ex governatore e lo aveva condannato a 2 anni (pena sospesa) per corruzione elettorale aggravata dal metodo mafioso ma senza intimidazione e violenza. Una sentenza, quella di secondo grado, che aveva riformato quella emessa il 19 febbraio 2014, col rito abbreviato, dal Gup del Tribunale di Catania Marina Rizza che lo aveva condannato a 6 anni e 8 mesi per concorso esterno all’associazione mafiosa ritenendolo, tra l’altro, “arbitro” e “moderatore” dei rapporti tra mafia, politica e imprenditoria. Nel rinnovato processo di secondo grado, davanti a un’altra Corte d’Appello a Catania, Lombardo fu assolto da tutti i reati, anche se con formule diverse e la sentenza, dopo la pronuncia definitiva della VI Sezione penale della Cassazione che ha dichiarato inammissibile il ricorso, è definitiva da oltre cinque mesi.

           g.l.

Edited by, martedì 29 agosto 2023, ore 10,48. 

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