
In merito alla sentenza emessa al Tribunale di Patti, dalla Giudice Civile ROSALIA RUSSO FEMMINELLA sulla diatriba tra la società “L’Aquilone” che rappresenta il noto ristorante “Il Grande Pino”, sito in contrada San Giuseppe a Sant’Agata Militello e il proprietario del terreno, il dott. ANTONINO SINAGRA, pubblichiamo due nuovi link al posto di quello pubblicato ieri e cancellato dalla rete. In primo piano la sentenza stessa e poi le precisazioni dell’avvocato MASSIMILIANO FABIO, che assiste la società “L’Aquilone”…
Sentenza n. 990/2025 pubbl. il 08/10/2025
RG n. 546/2020
Repert. n. 1169/2025 del 08/10/2025
TRIBUNALE DI PATTI
VERBALE DI UDIENZA
Il giorno 08/10/2025 all’udienza tenuta dalla dott.ssa Rosalia Russo Femminella, in funzione di Giudice monocratico, viene chiamata la causa iscritta al N. 546 /2020 R.G.
promossa DA SINAGRA ANTONINO, elettivamente domiciliato in Sant’Agata Militello, via San Giuseppe n. 51, rappresentato e difeso per procura in atti dall’avv. CINNERA MARTINO SALVATORE
CONTRO RICORRENTE
L’AQUILONE SNC DI ALI’ SANTINO & C., rappresentata e difesa dall’avv. FABIO MASSIMILIANO come da procura in atti
RESISTENTE
Oggetto: comodato
Sono comparsi: l’avv. Balletta, in sostituzione dell’avv. Cinnera Martino per parte attrice e l’avv. Oddo, in sostituzione dell’avv. Fabio per la resistente, e ricorrente in riconvenzionale, i quali precisano le conclusioni riportandosi a tutto quanto chiesto, dedotto ed eccepito in atti e verbali di causa con il rigetto di tutte le contrarie istanze, eccezioni e difese e con vittoria di spese e compensi.
I procuratori delle parti, quindi, discutono oralmente la causa. Per la pratica forense è presente la dott.ssa Rosalia D’Angelo.
IL GIUDICE ISTRUTTORE pronuncia, dando lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, la seguente
SENTENZA REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
In fatto e in diritto
Con ricorso ex art. 447 bis c.p.c., Antonino Sinagra premetteva: – di essere proprietario di alcuni terreni siti in c/da San Giuseppe del Comune di Sant’Agata di Militello, individuati in catasto al foglio di mappa n. 3, partt. 1307, 1312 e 1313; – di avere concesso alla società L’AQUILONE s.n.c., in comodato d’uso gratuito, una porzione di quei terreni, con contratto dell’1.6.2010, per usi inerenti all’attività di ristorazione esercitata dalla resistente; – che, col consenso del Sinagra, la società comodataria aveva realizzato, ai sensi dell’art. 20 della L. R. n. 4/2003, una struttura precaria, per la quale, tuttavia, il Comune di Sant’Agata aveva avviato un procedimento per l’emissione di sanzioni ai sensi della L. n. 47/1985 e L.R. n. 37/1985 e ss. mm. ii., nonché emanato ordinanza di demolizione delle opere realizzate in difformità ai titoli a costruire e la conseguente rimessa in pristino dello stato dei luoghi;
che, dopo un primo recesso comunicato con lettera del 31.5.2016, in data 20.12.2019 il Sinagra, avvalendosi della condizione risolutiva inserita nel contratto di comodato, ribadiva alla società resistente la volontà di recedere da quel contratto e intimava nuovamente la restituzione del terreno, a cagione degli illeciti compiuti, accertati e sanzionati dall’Autorità amministrativa, senza tuttavia ottenere quanto richiesto.
Tanto premesso, il ricorrente formulava le seguenti conclusioni: in via preliminare e cautelare,
1. ordinare, anche con decreto inaudita altera parte, il sequestro dei terreni e della struttura precaria oggetto del contratto de quo, affidandone la custodia al proprietario;
2. fissare in ogni caso l’udienza di comparizione delle parti, concedendo termine al ricorrente per consentire la notifica del presente ricorso e del pedissequo decreto a parte resistente come identificata in epigrafe;
3. all’udienza, confermare o comunque disporre il chiesto sequestro;
nel merito,
1. ritenere e dichiarare che il contratto stipulato inter partes s’è risolto a cagione del recesso legittimamente comunicato alla stessa dall’odierno ricorrente;
2. ritenere e dichiarare che il contratto stipulato inter partes s’è risolto a cagione dell’inadempimento della convenuta società;
3. ritenere e dichiarare, dunque, che la società resistente occupa senza titolo i terreni per cui è causa, di proprietà del dr. SINAGRA:
4. e, per l’effetto, condannare la società convenuta
a) a demolire la struttura abusiva realizzata nel terreno del dr. SINAGRA ed a ripristinare lo stato dei luoghi, stabilendo il termine per farlo; b) e, dunque, a rilasciare i terreni nella libera disponibilità del ricorrente dr. SINAGRA alla scadenza del termine stabilito per i ripristini; c) e, per il caso non dovesse eseguire la demolizione e fare i ripristini, a rimborsare la spesa che il dr. SINAGRA affronterà per farli lui stesso;
5. condannare, inoltre, la convenuta d) a risarcire il dr. Antonino SINAGRA per i danni cagionati con l’abusiva occupazione, in misura pari al “valore locativo” e, comunque, in riguardo al “valore d’uso”, con rivalutazione ed interessi; e) ovvero, a pagargli il canone dovuto in virtù di quel contratto ed il risarcimento e/o indennità di cui all’art. 1591 c.c., con rivalutazione ed interessi; f) e comunque, indennizzarlo per l’arricchimento che la convenuta avrà realizzato mediante l’uso dei terreni e della struttura utilizzati a servizio del ristorante “Il Grande Pino”, con rivalutazione ed interessi da liquidarsi tutti in separato e successivo giudizio, nel quale si produrranno – occorrendo – gli elementi e le prove necessarie alla loro liquidazione”.
Con comparsa di risposta del 5.03.2021 si costituiva la società resistente, la quale, in via preliminare, rilevava l’improcedibilità e l’inammissibilità della domanda per il mancato esperimento della procedura di mediazione obbligatoria e per l’omessa produzione da parte del ricorrente di idoneo titolo di proprietà con riferimento all’immobile oggetto del rapporto; nel merito, rappresentava che il contratto di comodato d’uso gratuito dell’1.06.2010 era viziato da simulazione atteso che le parti avevano in realtà convenuto un contratto di affitto con canone annuo di € 1.200,00, che il Sinagra aveva poi preteso di aumentare unilateralmente ad € 3.500,00 senza il consenso della società resistente; che l’oggetto del suddetto contratto di affitto era limitato ad una porzione di terreno corrispondente alla sola particella n. 1313, atteso che, una parte delle restanti particelle indicate nel contratto erano state inserite per errore in quanto di proprietà del C.A.S., mentre sulle altre la resistente godeva di servitù già da prima che il Sinagra acquistasse gli immobili; che la resistente non aveva ottemperato al pagamento dei canoni a partire dal 2015 perché il locatore si era rifiutato di riceverli.
La società resistente specificava, inoltre, che nessun abuso edilizio era stato posto in essere e concludeva chiedendo:
In via preliminare:
1. accertare, ritenere e dichiarare l’improcedibilità e/o inammissibilità dell’azione avversaria e delle relative domande per mancato esperimento della procedura di mediazione obbligatoria;
2. accertare, ritenere e dichiarare l’inammissibilità, improcedibilità dell’azione avversaria e delle relative domande per la mancata produzione dei titoli di proprietà dei beni immobili oggetto del presente giudizio, e per tutti i motivi e le eccezioni svolte dal resistente nel presente atto, con ogni conseguente statuizione di legge;
Nel merito:
3. rigettare integralmente il ricorso avversario e le relative domande anche istruttorie, perché inammissibile, improcedibile, infondato in fatto ed in diritto, non provato e con qualsivoglia ulteriore motivazione di fatto e di diritto ai fini del chiesto rigetto;
4. Accertare, ritenere e dichiarare la nullità e/o annullabilità e/o inefficacia, anche per simulazione assoluta, nonché per la mancanza della titolarità dei beni, il contratto di comodato gratuito di cui è causa e/o delle relative clausole e condizioni, disponendo quanto altro per legge;
5. Accertare, ritenere e dichiarare che sulle particelle ed altre oggetto di causa esiste la strada di accesso lato Messina con il relativo diritto di servitù a carico del SINAGRA ed a favore del resistente disponendo quanto altro per legge ai fini dell’esercizio del relativo diritto e come per legge;
6. Accertare, ritenere e dichiarare il diritto della società resistente a detenere i beni previo accertamento della esistenza del contratto di locazione, non scaduto, né disdettato, nonché per la esistenza della c.d. mora credendi, disponendo quanto altro per legge, ai fini della prosecuzione del contratto;
7. Accertare, ritenere e dichiarare l’obbligo – dovere del dott. Antonino SINAGRA di procedere alla sottoscrizione di tutti gli atti e delle attività necessarie ai fini del perfezionamento dell’Iter amministrativo-burocratico volto ad ottenere la sanatoria – regolarizzazione della tettoia – struttura primaria di cui è causa e quanto altro utile e necessario a tal fine;
8. Accertare, ritenere e dichiarare che il ricorrente si è reso gravemente inadempiente delle obbligazioni sullo stesso gravante dal contratto e dalla legge, nonché degli obblighi di buona fede nella esecuzione del contratto e di collaborazione nei confronti della controparte e per l’effetto condannare il Dott. SINAGRA al risarcimento dei danni e delle spese subite e subiendi dal ricorrente a titolo di danno emergente, lucro cessante, perdita di chances di accertamento, nonché per la realizzazione delle opere e dei lavori di cui è causa, ivi compresi oneri Tecnici e quanto altro, il tutto nella misura che sarà accertata e provata di giustizia (anche di equità) sulla base della prova orale e/o documentale, nonché della chiesta C.T.U., il tutto nella misura che sarà accertata e/o provata di giustizia, anche di equità;
9. Condannare controparte al pagamento delle spese, dei compensi degli accessori di legge, IVA, CPA e 15 % spese generali, oltre la maggiorazione del 30% per l’uso di strumenti informativi – collegamenti ipertestuali nella redazione del presente atto e di cui al DM 55/2014, distraendo il tutto in favore del sottoscritto procuratore che si dichiara antistatario.
Fallito il tentativo di mediazione obbligatoria, la causa veniva istruita mediante prova orale.
Nelle more del giudizio, inoltre, la società resistente invocava, ai sensi dell’art. 75 c.p.p., l’intervenuta rinuncia agli atti dell’azione civile da parte del Sinagra a seguito della costituzione di parte civile da parte di quest’ultimo nel procedimento penale n°662/2019 RGNR, pendente presso l’intestato Tribunale e avente ad oggetto l’accertamento della commissione del reato di cui all’art. 44 DPR 380/2001 nei confronti dell’Aquilone s.n.c..
Esaurito l’esperimento dei mezzi di prova ammessi, la causa veniva rinviata all’odierna udienza di discussione per essere decisa.
In via preliminare nel rito, va dichiarata l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità dell’azione del ricorrente e delle relative domande per la presunta intempestiva produzione dei titoli di proprietà del bene immobile oggetto del presente giudizio, atteso che – come verrà esposto anche nel prosieguo – la domanda principale avanzata dal Sinagra va qualificata come restituzione, ai sensi dell’art. 1809 c.c.
Sul punto, la giurisprudenza afferma che “in tema di difesa della proprietà, l’azione di rivendicazione e quella di restituzione, pur tendendo al medesimo risultato pratico del recupero della materiale disponibilità del bene, hanno natura e presupposti diversi: con la prima, di carattere reale, l’attore assume di essere proprietario del bene e, non essendone in possesso, agisce contro chiunque di fatto ne disponga onde conseguirne nuovamente il possesso, previo riconoscimento del suo diritto di proprietà; con la seconda, di natura personale, l’attore non mira ad ottenere il riconoscimento di tale diritto, del quale non deve, pertanto, fornire la prova, ma solo ad ottenere la riconsegna del bene stesso, e, quindi, può limitarsi alla dimostrazione dell’avvenuta consegna in base ad un titolo e del successivo venir meno di questo per qualsiasi causa, o ad allegare l’insussistenza “ab origine” di qualsiasi titolo” (cfr., ex plurimis, Cassazione sentenza n. 4416/2007).
Posto, dunque, che nel presente giudizio non si discute del diritto di proprietà dei beni oggetto di causa, il più rigoroso onere probatorio previsto per l’azione di rivendica non incombe sull’odierno ricorrente anche in ragione delle difese della società resistente, la quale non contesta che la titolarità del diritto di proprietà del terreno appartenga al Sinagra – anche con riferimento alle singole particelle espressamente specificate da quest’ultimo nel proprio atto introduttivo – e che, dunque, ella occupa l’immobile in forza di un mero diritto di godimento, ma si limita a confutare l’esatta qualificazione del suddetto diritto, deducendo che si tratti di locazione dissimulata da un contratto di comodato.
Alla luce di quanto rilevato, nel caso di specie il titolo di proprietà relativo alle porzioni di terreno oggetto di causa non rientra tra la documentazione da allegare, a pena di decadenza, all’atto introduttivo del giudizio, pertanto, la produzione avvenuta nella difesa immediatamente successiva appare legittima, non andando ad incidere sull’ammissibilità delle domande formulate con il ricorso ma costituendo, al più, espressione di tuziorismo difensivo.
Ancora, sempre in via preliminare, va osservato che non è applicabile al caso de quo il disposto dell’art. 75 c.p.p. per effetto della costituzione di parte civile effettuata dal Sinagra nel processo penale n°662/2019 RGNR. In merito all’operatività della suddetta disciplina, la giurisprudenza è pacifica nel sostenere che “la regola di cui all’art. 24 cod. proc. pen. previgente (riprodotta sostanzialmente in quella di cui all’art. 75, primo comma, del vigente), secondo cui il trasferimento dell’azione civile in sede penale comporta di diritto la rinuncia dell’attore al giudizio civile che di conseguenza va dichiarato estinto anche d’ufficio, postula che tra le due azioni vi sia identità di oggetto, in relazione alla causa petendi e al petitum e di soggetti, il cui accertamento – che prescinde e deve essere condotto indipendentemente dall’esame della fondatezza dell’azione esperita con la costituzione di parte civile – è rimesso all’apprezzamento di fatto del giudice di merito, come tale incensurabile in sede di legittimità ove non siano dedotti vizi di motivazione” (Cass. n. 6293 del 2003; 5180/1983; 3439/1981).
Nel caso di specie le due azioni presentano molteplici differenze: mentre l’odierno giudizio civile ha ad oggetto la restituzione del bene per effetto dell’accertamento dell’intervenuta risoluzione del contratto di comodato, l’azione penale ha ad oggetto l’accertamento della commissione del reato edilizio, ragion per cui parte di quel giudizio è anche e soprattutto il Comune di Sant’Agata di Militello. Inoltre, come specificato nel verbale d’udienza prodotto dal resistente, l’ammissione di parte civile nel giudizio penale è volta a verificare la sussistenza o meno del solo diritto al risarcimento in capo al Sinagra (cfr. doc. n. 1 allegato alle note di trattazione scritta depositate il 4.1.2022 dalla resistente), diritto che risulta estraneo al presente giudizio, atteso che – come verrà ulteriormente chiarito in seguito – il ricorrente nel proprio atto introduttivo, ai fini della qualificazione e quantificazione di eventuali danni rinvia a un separato giudizio (cfr. pag. 12 e 13 del ricorso in cui si legge “ 5. condannare, inoltre, la convenuta;
d) a risarcire il dr. Antonino SINAGRA per i danni cagionati con l’abusiva occupazione, in misura pari al “valore locativo” e, comunque, in riguardo al “valore d’uso”, con rivalutazione ed interessi;
e) ovvero, a pagargli il canone dovuto in virtù di quel contratto ed il risarcimento e/o indennità di cui all’art. 1591 c.c., con rivalutazione ed
interessi;
f) e comunque, indennizzarlo per l’arricchimento che la convenuta avrà realizzato mediante l’uso dei terreni e della struttura utilizzati a servizio del ristorante “Il Grande Pino”, con rivalutazione ed interessi da liquidarsi tutti in separato e successivo giudizio, nel quale si produrranno – occorrendo – gli elementi e le prove necessarie alla loro liquidazione”).
Ne consegue che anche tale eccezione va rigettata.
Nel merito vanno prioritariamente analizzate le domande riconvenzionali avanzate dal resistente, le quali appaiono tutte infondate. Va, in primo luogo, rigettata la richiesta di accertamento della simulazione del contratto di comodato, attesa la mancanza di una controdichiarazione che provi la stipula del diverso rapporto di locazione asseritamente instaurato tra le parti.
In merito alla prova della simulazione, infatti, l’art. 1417 cc. dispone che “la prova per testimoni della simulazione è ammissibile senza limiti, se la domanda è proposta da creditori o da terzi e, qualora sia diretta a far valere l’illiceità del contratto dissimulato, anche se è proposta dalle parti”.
Ne deriva che, in presenza di contratto scritto di comodato, e quindi di un rapporto di godimento di un bene a titolo gratuito, l’affermazione, opposta dalla resistente, dell’esistenza di un coevo separato accordo tra le parti, circa l’obbligo di versare un canone, equivale in sostanza all’affermazione di una simulazione relativa del contratto scritto di comodato, con dissimulazione di una locazione, che costituisce un rapporto a titolo oneroso, e ne impone pertanto la prova nel rispetto dei limiti dettati dagli artt. 1414 ss. e 2722 c.c.
In tema di prova della simulazione nei rapporti tra le parti, se il negozio è stato redatto per iscritto vale la regola generale della limitazione dell’ammissibilità delle prove testimoniali (e dunque anche di quella per presunzioni, giusta il disposto dell’art. 2729 comma 2 c.c.), onde, sia per la simulazione assoluta che per quella relativa, la prova può essere data – ove, come nella specie, si assuma che si tratti di patto coevo – soltanto in base a controdichiarazioni (art. 2722 c.c.), che sono il documento scritto che contiene l’accordo simulatorio.
Nel caso di specie, l’unica documentazione in merito fornita dalla resistente concerne delle ricevute di prestazioni offerte dal ristorante gestito dalla stessa in cui si fa rimando a compensazioni con l’asserito affitto.
Orbene, tale documentazione non è idonea a costituire il c.d. principio di prova scritta richiesto dall’art. 2724, comma 1, n. 1 c.c. ai fini dell’ammissibilità della testimonianza resa in merito alla simulazione, atteso che, in primo luogo, il riferimento all’affitto non è riconducibile con certezza all’area in questione e che, in secondo luogo, tutte le ricevute prodotte portano la firma della moglie del ricorrente, tale Rosanna Reale, la quale non è né proprietaria del terreno, né parte contrattuale, né tantomeno vi è prova che la stessa fosse autorizzata a gestire i beni del marito e, in particolare, i rapporti contrattuali con la società resistente. Sul punto è stata proprio la Reale che, sentita come testimone, ha escluso che siano intervenute compensazioni tra le parti in causa per asseriti rapporti di locazione e ha specificato di non occuparsi personalmente dei beni del coniuge (cfr. testimonianza resa all’udienza del 6.7.2023 in cui la Reale dichiara “Nulla so, mio marito gestisce i suoi affari e nulla mi dice in merito”).
Inoltre, anche a volere ipotizzare l’illiceità della locazione dissimulata dal negozio di comodato, non in sé ma per effetto della sua contrarietà a norme imperative di carattere tributario, va rilevato che la prova testimoniale in concreto raccolta su iniziativa della resistente non ha dimostrato l’esistenza di un rapporto in tal senso e non è idonea a superare gli ostacoli già evidenziati. Infatti, la testimonianza resa da Giuffrè Nuccio è quasi interamente de relato (cfr. dichiarazioni rese all’udienza del 06.05.2025 in cui il teste afferma: “Preciso che Santino mi teneva al corrente perché era in subaffitto ma quello che discutevano fra di loro le parti io non lo so per averlo appreso direttamente quando discutevano perchè non ero presente alle loro discussioni”), mentre da quella resa dal teste Cammarieri non emerge in modo chiaro e univoco che la moglie del ricorrente fosse autorizzata a gestire i rapporti contrattuali tra il Sinagra e la società resistente né quali fossero i diversi presunti accordi tra le parti, atteso che il teste ha iniziato a lavorare solo nel 2011, pertanto, non può avere conoscenza diretta dei suddetti accordi, eventualmente intervenuti un anno prima, anche in merito alla presunta gestione degli stessi (cfr. testimonianza resa all’udienza del 5.2.2024 in cui Cammarieri dichiara “Ho visto alla cassa sempre la moglie del Sinagra che firmava delle ricevute per le consumazioni e comande ritirate [..]”). Tanto premesso, in assenza di una controdichiarazione scritta coeva all’accordo simulatorio, la domanda riconvenzionale del ricorrente va rigettata e, con essa, tutte quelle a quest’ultima collegate.
È, inoltre, inammissibile la domanda riconvenzionale avanzata dalla resistente circa l’accertamento di una servitù di passaggio su una porzione di terreno oggetto di causa atteso che l’Aquilone s.n.c. – in quanto titolare di un mero diritto di godimento, quale affittuaria dell’azienda–ristorante denominato “Il Grande Pino” – non gode della legittimazione attiva in merito alla proposizione dell’azione c.d. confessoria servitutis, che, invece, come si ricava dall’art. 1079 c.c., può essere avanzata solo dal titolare della servitù, proprietario del fondo dominante (sul punto v. Cass. civ. n. 25809/2013, a tenore del quale “colui che agisce in “confessoria servitutis” ha l’onere di provare qualora questa venga contestata, la propria legittimazione ad agire, in quanto titolare di un diritto di proprietà sul fondo dominante”).
Ancora, va rigettata la domanda di inadempimento contrattuale da parte del Sinagra, atteso che non solo la resistente non ha dato idonea prova in merito, ma anche in considerazione del fatto che il ricorrente, come provato, ha esercitato il diritto di recesso dal rapporto contrattuale già nel 2016, pertanto, da quel momento in poi, a seguito della risoluzione di diritto prodottasi per effetto del citato recesso, non è configurabile un inadempimento del contratto, da ritenersi, appunto, risolto.
A ciò si aggiunga che, anche dai capitolati di prova formulati dalla resistente, si evince la collaborazione del Sinagra ai fini della realizzazione della struttura precaria, la cui esecuzione è stata espressamente prevista e autorizzata anche nel contratto di comodato. (cfr. sul punto anche la testimonianza dell’architetto Tiziana Franchina, la quale ha confermato la circostanza capitolata al n. 8 della comparsa di costituzione della resistente, dichiarando che il Sinagra “non era presente ai lavori; ha accettato il progetto iniziale, controfirmandolo allo scopo della presentazione al Comune di S.Agata di Militello, per ottenere le dovute autorizzazioni”).
Tanto premesso, posto che, per come già detto, la domanda riconvenzionale della resistente è sfornita di prova, mentre la domanda attorea di restituzione è fondata su una prova scritta, essendo stato prodotto il contratto di comodato, che è a tempo indeterminato, la domanda medesima va accolta ai sensi dell’art. 1809 Codice Civile, per esercizio del diritto di recesso da parte del comodante.
Com’è noto, nel caso di contratto di comodato a tempo indeterminato, costituendo lo stesso un vincolo potenzialmente perpetuo, il comodante può esercitare il recesso ad nutum in qualunque momento a norma dell’art. 1810 c.c.
Orbene, nel caso di specie, sebbene dal contratto risulti che il comodato è volto a soddisfare le esigenze di ristorazione del comodatario, tuttavia, non è ricavabile un tempo minimo mediante gli usi, oltre al fatto che le parti espressamente manifestano l’intenzione di stipulare un contratto a tempo indeterminato, recedibile ad nutum (cfr. artt. 4 e 5 del contratto di comodato, all. 5 al ricorso introduttivo).
Inoltre, anche volendo rifarsi alla durata minima prevista per la locazione di immobili ad uso commerciale, che ammonta a 6 anni, tale termine risulta comunque essere maturato già al tempo del primo recesso.
Ad ogni modo, nei casi in cui non è individuabile un termine in base agli usi la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che “in mancanza di particolari prescrizioni di durata, l’uso corrispondente alla generica destinazione dell’immobile si configura come indeterminato e continuativo, inidoneo a sorreggere un termine finale, con la conseguenza che, in tali ipotesi, la concessione deve intendersi a tempo parimenti indeterminato e cioè a titolo precario, onde la revocabilità ad nutum da parte del comodante a norma dell’articolo 1810 c.c.” (Cassazione, Sezioni Unite, 09.02.2011).
Alla luce dei superiori rilievi, appare legittimo il recesso esercitato dal Sinagra in data 31.05.2016 (cfr. doc. n. 15 allegato al ricorso introduttivo), con la conseguenza che è da tale momento che il bene va ritenuto occupato senza alcun titolo da parte della società resistente.
Di qui la condanna della resistente al rilascio immediato dell’immobile, non avendo ella un titolo che la abiliti alla detenzione del bene, e alla rimozione della struttura realizzata, in ottemperanza a quanto convenuto nel contratto di comodato (cfr. art. 5 del contratto di comodato dove viene sancito l’obbligo del comodatario di “riconsegnare i terreni oggetto del presente contratto, nel ripristino stato, provvedendo ad eliminare le opere realizzate”). Da ultimo, si specifica nuovamente che nulla va disposto con riferimento al presunto diritto al risarcimento di un danno da occupazione sine titulo dei beni oggetto di causa, atteso che nelle proprie domande conclusive il ricorrente ha espressamente riservato la qualificazione e quantificazione del credito asseritamente vantato ad un separato e successivo giudizio (cfr. atto di citazione cit.).
Ne deriva che l’eventuale sussistenza nonché il relativo ammontare di un danno da occupazione sine titulo dovranno essere oggetto di accertamento di un differente giudizio. Le spese di lite, attesa la soccombenza di parte attrice nel procedimento cautelare e in quello di reclamo, sono compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale di Patti, nella causa R.G. 546/2020, disattesa e respinta ogni contraria istanza eccezione e difesa, così provvede:
Dichiara risolto il contratto di comodato gratuito stipulato tra le parti in data 01.06.2010 e registrato presso l’Agenzia delle Entrate il 5/11/2013, serie 3, n. 1783, per effetto del recesso esercitato dal comodante con lettera del 31.05.2016;
Conseguentemente accerta l’intervenuta occupazione senza titolo dei terreni oggetto di causa da parte della resistente per effetto della risoluzione di diritto del contratto; Accoglie la domanda di restituzione avanzata da Sinagra Antonino ai sensi dell’art 1809 c.c. e, per l’effetto, condanna la società resistente all’immediato rilascio in favore del ricorrente dei terreni per cui è causa, previa rimozione della struttura realizzata sugli stessi, sempre a cura e spese della resistente, in ottemperanza a quanto convenuto nel contratto ed espressamente richiesto nel presente giudizio;
Firmato Da: RUSSO FEMMINELLA ROSALIA
Sentenza n. 990/2025 pubblicata il 08/10/2025
Rigetta tutte le eccezioni e le domande riconvenzionali avanzate della resistente;
Compensa le spese di lite.
Il Giudice Rosalia Russo Femminella
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LA NOTA DELL’AVVOCATO MASSIMILIANO FABIO
In relazione alla notizia pubblicata in data 09.10.2025 sul sito online www.glpress.it, dal titolo: “S.Agata Militello: Il terreno del ristorante “Il Grande Pino” dovrà essere sgomberato. Sentenza avversa per “L’Aquilone”, di cui al link – www.glpress.it/s-agata-militello-il terreno-del-ristorante-il-grande-pino-dovra-essere-sgomberato-sentenza-avversa-per-laquilone
osserva quanto segue:
Risulta totalmente priva di fondamento la notizia secondo cui “dovrà essere sgomberato il terreno su cui poggia il ristorante “Il Grande Pino”, così come si evince erroneamente dal titolo e nel corpo dell’articolo giornalistico. La sentenza emessa dalla sezione civile del Tribunale di Patti, si riferisce infatti ad un contenzioso relativo all’occupazione di una porzione di terreno, adiacente alla parte retrostante della stessa attività di ristorazione, già oggetto di contratto di comodato gratuito stipulato tra le parti, regolarmente registrato presso l’Agenzia delle Entrate, su cui successivamente il comodante esercitò il relativo diritto di recesso. Il giudice ha quindi dichiarato risolto il contratto di comodato gratuito stesso, accogliendo la domanda di restituzione di quell’area ed ordinando la rimozione della struttura precaria ivi installata, adibita a deposito, espressamente prevista e autorizzata anche nello stesso contratto di comodato.
Nei termini in cui è stata espressa, la notizia risulta dunque priva di fondamento per cui si chiede la rettifica ai sensi e con le modalità previste dell’art. 8 legge 47/1948, non già con la sola e semplice modifica di quello pubblicato che va certamente rimosso.
Edited by, venerdì 9 ottobre 2025, ore 9,20.