Alimentazione collegata al morbo di Parkinson. Questo l’argomento della settimana, per la puntata n. 53 della rubrica “Salute&Benessere”, trattato dalla dottoressa ISABELLA SALVIA, nutrizionista con studio in Torrenova e iscritta all’Ordine Nazionale dei Giornalisti…
La malattia di Parkinson è sempre più comune, in particolare con l’invecchiamento della popolazione. I malati di Parkinson possono avere delle difficoltà nel mantenere un’alimentazione adeguata e una soddisfacente assunzione di liquidi. Questi problemi peggiorano con il progredire della malattia, rendendo più difficile maneggiare le posate e prolungando il tempo necessario per mangiare. Molti di questi sintomi sono legati all’invecchiamento, ma si verificano con maggiore gravità nel Parkinson, perché si ha comunemente una perdita dell’olfatto e del gusto. Pertanto, si può verificare una diminuzione dell’appetito o, addirittura, una mancanza di interesse per il cibo. I movimenti automatici del sistema gastrointestinale rallentano e ciò può portare disfagia (difficoltà di deglutizione), sensazione di sentirsi rapidamente sazio, reflusso gastrico a causa del lento svuotamento dello stomaco, e costipazione. Inoltre, il movimento rallentato dei muscoli gastrointestinali può essere aggravato da una mancanza di attività fisica.
Inoltre, non va dimenticato che il trattamento della malattia spesso comporta farmaci contenenti levodopa, che viene convertita in dopamina, o farmaci che aiutano l’organismo a utilizzare la dopamina esistente nel cervello. Il principio attivo viene assorbita nel piccolo intestino e il transito del farmaco attraverso il sistema gastrointestinale può essere rallentato a causa del cibo nello stomaco. Questo può ritardare l’effetto del medicinale e quindi il controllo dei sintomi. Pertanto, i farmaci sono assunti, secondo le indicazioni del medico, a stomaco vuoto per assicurarne l’efficacia ottimale, possibilmente da 30 minuti a un’ora prima del pasto. Ciò può causare nausea in alcune persone, ma questo disagio può essere superato facendo un piccolo spuntino, che è facilmente digeribile.
Mantenere un’alimentazione adeguata e una corretta assunzione di liquidi per una persona malata di Parkinson è molto importante affinché il farmaco prescritto per la gestione dei sintomi funzioni nel miglior modo possibile. Offrire scelte nutrienti e ricche di energia è certamente una necessità per contribuire a garantire un adeguato apporto calorico in coloro che trovano difficoltà a mangiare un pasto normale. Inoltre tenere sotto controllo il peso, perché una perdita di peso non intenzionale, può derivare da uno scarso apporto proteico-energetico.
Per questi motivi, sovente il malato di Parkinson opportunamente si reca dal nutrizionista.
Accanto alla gestione della malattia conclamata, che, ricordo, deve essere diagnosticata e curata da un medico, la Scienza sta facendo studi per cercare di riuscire a riconoscere precocemente segnali certi dello sviluppo della malattia per poter intervenire in modo più efficace. Anche se i risultati, purtroppo, sono ancora lontani, i ricercatori hanno concluso che la presenza di una combinazione di “sintomi precoci” come la perdita dell’olfatto, la stipsi, un tempo di reazione più lento, alti livelli di emoglobina e una eccessiva sonnolenza diurna, aumentano il rischio di sviluppare la malattia. Negli ultimi anni, si stanno perfezionando test clinici (ad es. su sangue e saliva, sui geni…) per arrivare a individuare i cosiddetti “marcatori” che possano rendere efficace un test di laboratorio per diagnosticare la malattia di Parkinson, ma sono ancora tutti in fase di sperimentazione.
Parallelamente si leggono studi che cercano di individuare un’alimentazione utile a prevenire la malattia. Non però studi che non danno ancora conferme ufficiali. Ad esempio, sembrerebbe che il consumo di caffè proteggerebbe dalla malattia di Parkinson.
Uno studio “a ritroso” ha analizzato 8004 soggetti per oltre 30 anni e ha scoperto che chi non beveva caffè aveva un rischio 5 volte più elevato rispetto ai soggetti che bevevano una grande quantità di caffè al giorno. Meno chiara la relazione con il fumo: non è infatti ancora certo se sia il fumo a proteggere in quanto tale, o se i soggetti inclini a sviluppare la malattia di Parkinson tendano, per qualche ragione ancora non nota, ad evitare il fumo. Studi più specifici e convergenti sembrerebbero che una sana attitudine di vita e l’attenzione all’alimentazione (con un’adeguata attività fisica) possano proteggere dalla malattia o rallentarne significativamente il decorso.
Al momento, non possiamo illuderci che l’alimentazione offra una soluzione definitiva alla malattia conclamata, né dobbiamo credere a tanti articoli presenti su internet, sovente scritti con esclusive finalità pubblicitarie! Con un po’ di impegno, possiamo rivolgerci ad un professionista qualificato (necessariamente un biologo nutrizionista, un medico dietologo o un dietista), che ci consentirà non solo di prevenire malattie serie (come, ad esempio, il diabete), ma anche di aumentare il nostro benessere e, perché no, avere una linea invidiabile per la prossima estate!
Eventuali quesiti o temi d’interesse mi potranno essere segnalati su su Facebook alla pagina “Dott.ssa Isabella Salvia – Biologa Nutrizionista” o tramite WhatsApp al 320 6556820.
Isabella Salvia
I contenuti di questo articolo hanno esclusive finalità informative e divulgative, non essendo destinati ad offrire consulenza medica/nutrizionale personale. La dottoressa Isabella Salvia consiglia sempre di rivolgersi ad un professionista qualificato della nutrizione (un biologo nutrizionista, un medico dietologo o un dietista) per ricevere un piano alimentare personalizzato, redatto sulla base di una diagnosi individuale, sia per soggetti sani che per le persone affette da patologie accertate.
Edited by, venerdì 11 maggio 2018, ore 19,48.