Capo d’Orlando: Testamento falso, circonvenzione d’incapace e falso ideologico, crolla il castello accusatorio. 4 imputati assolti

Il giudice monocratico del Tribunale di Patti EDOARDO ZANTEDESCHI ha assolto, con la formula perché il fanno non sussiste, MARIA VIENI, accusata di uso di testamento falso e circonvenzione d’incapace, il notaio SALVATORE ALIOTO, MARIA ELENA MINCIULLO e LAURA DI PERNA, questi tre dall’accusa di falso ideologico. I fatti accaddero a Capo d’Orlando tra il 2013 e il 2014. Hanno difeso gli imputati gli avvocati WALTER MANGANO (foto in alto), PATRIZIA CORPINA e FABRIZIO FORMICA mentre la costituita parte civile, TERESA LO VERCIO, è stata assistita dall’avvocato ANNALISA GERMANA’…

GIUSEPPE LAZZARO

Al vaglio delle emergenze istruttorie, crolla inesorabilmente l’impianto accusatorio che aveva portato a processo davanti al Tribunale di Patti Maria Vieni, il notaio Salvatore Alioto, Maria Elena Minciullo e Laura Di Perna per rispondere la prima dei reati di uso di testamento falso e circonvenzione d’incapace ed i restanti tre di falso ideologico, in danno della costituita parte civile Teresa Lo Vercio. I fatti in contestazione coprono un arco temporale che va dal 27 agosto 2013 al 4 giugno 2014.

Scendendo nel dettaglio, l’Ufficio di Procura ha ipotizzato per la Vieni il reato di circonvenzione d’incapace perché al fine di conseguire un ingiusto profitto, sfruttando il ruolo di badante e abusando della minorata capacità psichica di Francesco Lo Vercio, pensionato di Capo d’Orlando, 92enne all’epoca dei fatti, avrebbe indotto quest’ultimo a compiere l’atto di donazione di un immobile sito a Capo d’Orlando, in contrada Santa Carrà, dove lo stesso abitava.

Quanto all’altro reato di uso di testamento falso, che la istituiva erede universale del Lo Vercio, sul presupposto che l’atto fosse apocrifo, è stato contestato alla donna, 61enne, di Rocca di Caprileone, di averne fatto uso una prima volta quando l’ha depositato per la sua pubblicazione presso lo studio del Notaio Alioto, successivamente quando l’ha presentato all’Agenzia del Territorio, al fine di ottenere la voltura in suo favore della casa di contrada Santa Carrà.

Infine, Minciullo e Di Perna erano stati rinviati a giudizio unitamente al notaio Alioto perché avrebbero attestato falsamente nell’atto pubblico redatto da quest’ultimo il 27 agosto 2013, che il donante avrebbe manifestato oralmente le proprie volontà e che l’atto di liberalità costituiva la possibile remunerazione dell’affettuosa assistenza che la Vieni gli aveva prestato sino a quel momento e che si impegnava a prestare sino alla sua morte, nonostante da una certificazione medica risultasse “una capacità di espressione, mediante linguaggio verbale, totalmente deficitaria”.

Per il giudice monocratico del Tribunale di Patti Edoardo Zantedeschi le contestazioni accusatorie, ribadite in udienza del V.P.O., dott. Quartarone, sono infondate, e così ha pronunciato sentenza di assoluzione per tutti gli imputati perché il fatto non sussiste.

Dalla motivazione contestuale alla lettura del dispositivo si sono conosciute subito le ragioni che hanno presieduto al convincimento del giudice. Per il dott. Zantedeschi, Maria Vieni andava assolta per il reato di uso di testamento falso alla luce della perizia del dott. Caroniti e dell’elaborato del consulente dell’imputata, prof. Sofia, in quanto entrambi hanno concluso nei loro scritti che “con assoluta certezza era possibile affermare che il testamento olografo datato 1 aprile 2008 a firma di Lo Vercio Francesco, era riconducibile alla grafia del de cuius in tutte le sue parti. “L’autenticità del testamento – soggiunge il giudice – dimostra peraltro che fin dal 2008 il Lo Vercio aveva voluto ricompensare la Vieni per le cure e le attenzioni prestate in suo favore, rendendo credibile che lo stesso, prima di morire, non avendo altre persone vicine, avesse effettuato la donazione a favore della badante, come remunerazione per l’affettuosa amicizia”.

L’accusa di circonvenzione di incapace non ha retto a fronte di una copiosa documentazione sanitaria, in particolare i certificati del dott. Antonio Mangano, medico ospedaliero a Sant’Agata Militello e del medico curante, dott. Orlando, i quali hanno confermato che il Lo Vercio, nell’immediatezza dell’atto di donazione, si presentasse “lucido, vigile ed orientato nel tempo e nello spazio”.

Infine, per il reato di falso ideologico contestato al notaio Alioto e ai due testimoni Minciullo e Di Perna, il giudice, prendendo le mosse dalla constatazione che il Lo Vercio risultava perfettamente in grado di comprendere il significato delle parole, ha argomentato che “non vi è motivo di ritenere che il notaio Alioto avesse dichiarato il falso mediante la redazione dell’atto, attestando che il Lo Vercio aveva personalmente approvato il contenuto dell’atto in quanto frutto della sua volontà”.

Il pm, al termine della requisitoria, aveva chiesto la condanna della Vieni a 3 anni e 2 mesi di reclusione e dei restanti imputati a 3 anni. Sono stati impegnati nell’attività difensiva l’avvocato Walter Mangano per la Vieni, l’avvocato Patrizia Corpina per Minciullo e Di Perna, e l’avvocato Fabrizio Formica per il notaio Alioto. L’avvocato Annalisa Germanà ha patrocinato la parte civile Teresa Lo Vercio.

Edited by, sabato 30 aprile 2022, ore 8,17.    

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