L’omicidio di Francesco Costanza: Ergastolo confermato in appello per Domenico Virga, il boss di San Mauro Castelverde

La Corte d’Assise d’Appello di Messina ha confermato la condanna all’ergastolo per DOMENICO VIRGA (foto in alto), ritenuto ai vertici del clan mafioso di San Mauro Castelverde, accusato di essere il mandante dell’omicidio di FRANCESCO COSTANZA, di Tusa, “esattore” del racket, ucciso tra Acquedolci e San Fratello il 29 settembre 2001. Tutti i dettagli nel servizio sul link Cronaca…

GIUSEPPE LAZZARO

La Corte d’Assise d’Appello di Messina (presidente Bruno Sagone, a latere Daria Orlando) ha confermato la condanna all’ergastolo, così come richiesto in gennaio dal sostituto procuratore generale Maurizio Salamone nella requisitoria, nei confronti di Domenico Virga, considerato elemento di spicco di Cosa nostra nel mandamento di San Mauro Castelverde-Gangi, accusato di essere tra i mandanti dell’omicidio di Francesco Costanza, originario di Tusa, ucciso il 29 settembre 2001 nella strada tra San Fratello e Acquedolci. Domenica Virga viene considerato uno dei capi di Cosa nostra palermitana, nipote e successore di Peppino Farinella, per decenni al vertice indiscusso del mandamento mafioso di San Mauro Castelverde e deceduto, per cause naturali, a 92 anni.

La Corte d’Assise d’Appello non ha concesso la riapertura del dibattimento che era stata chiesta dall’avvocato Salvatore Silvestro, uno dei difensori di Virga, per sentire nuovamente il pentito Nino Giuffrè, inteso “manuzza”, sino al 2002 capo del mandamento mafioso di Caccamo prima di varcare il fronte e collaborare con la giustizia.

La sentenza di primo grado era stata emessa il 13 febbraio 2023 dalla Corte d’Assise di Messina (presidente Massimiliano Micali, a latere Giuseppe Miraglia). Francesco Costanza sarebbe morto per aver chiesto la “messa a posto” ad alcune imprese che lavoravano nella zona dei Nebrodi ma erano “protette” da Cosa nostra palermitana. Virga, che è stato assistito dagli avvocati Salvatore Silvestro, del foro di Messina e Debora Speciale, del foro di Palermo, è stato condannato anche a risarcire le parti civili, i familiari di Costanza. Determinanti le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Nino Giuffrè, braccio destro di Provenzano, Carmelo Bisognano, già a capo del clan dei “Mazzarroti” e Carmelo Barbagiovanni, del clan dei Batanesi di Tortorici.

LA PRECEDENTE CONDANNA

Il 5 luglio 2022 la Corte d’Assise d’Appello di Messina aveva confermato la condanna a 8 anni di reclusione nei confronti di Carmelo Barbagiovanni (foto sopra), esponente di spicco del clan dei Batanesi di Tortorici, da tre anni collaboratore di giustizia. L’uomo si è auto accusato di avere partecipato all’omicidio di Francesco Costanza. In primo grado, nell’ottobre 2021, era stato il Gup del Tribunale di Messina Maria Militello a condannare Barbagiovanni a 8 anni, tenendo conto del rito abbreviato scelto dal pentito e dell’attenuante dovuta alla collaborazione con la giustizia e stabilendo anche una serie di risarcimenti ai familiari della vittima, che sono stati confermati in appello. Barbagiovanni ha raccontato ai magistrati della Dda di Messina che uccise il Costanza insieme a Sergio Costanzo, a sua volta assassinato a fucilate nel 2010 nelle campagne di Centuripe, in provincia di Enna.

LA VICENDA

29 settembre 2001: gli inquirenti sul luogo dell’omicidio di Francesco Costanza (nella foto in alto a sx)

La Squadra Mobile della Questura di Messina, sezione di contrasto alla criminalità organizzata e “Catturandi”, aveva dato esecuzione, il 19 gennaio 2021, all’ordinanza applicativa della misura della custodia cautelare in carcere – richiesta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Messina – a carico di Domenico Virga. L’uomo è considerato elemento di spicco dell’organizzazione di tipo mafioso denominata Cosa nostra e, segnatamente, del mandamento di San Mauro Castelverde-Gangi, in quanto ritenuto responsabile – quale mandante – dell’omicidio di Francesco Costanza. Alle ore 7,30 circa del 29 settembre 2001, in un terreno di contrada Cartolari di Acquedolci e al confine con San Fratello, fu rinvenuto il cadavere di Costanza inteso “Franco”, 67 anni, colpito da colpi di arma da fuoco esplosi con una pistola calibro 7,65 e successivamente finito con alcuni colpi di pietra al capo. La vittima, gravitante negli ambienti della criminalità organizzata di Mistretta, era già stato oggetto di molteplici azioni investigative della Direzione Distrettuale Antimafia messinese. Le indagini, pur confermando l’inserimento del Costanza nel contesto malavitoso delle famiglie operanti al confine tra le province di Messina e Palermo, non avevano portato all’identificazione di mandanti ed esecutori. A dare un contributo rilevante alle indagini erano state le dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia di Tortorici Carmelo Barbagiovanni, inteso “muzzuni”, esponente del clan malavitoso dei Batanesi, che ha deciso di varcare il fronte e collaborare dopo l’arresto dell’operazione “Nebrodi” il 15 gennaio 2020.

IL MOVENTE DELL’OMICIDIO

Il Barbagiovanni, in relazione all’omicidio, ha fornito una precisa descrizione del contesto in cui esso è maturato e delle efferate modalità di esecuzione, autoaccusandosi di tale azione criminosa. Secondo il narrato del collaboratore, a commettere l’omicidio sono stati egli stesso e Sergio Costanzo, a sua volta ucciso nelle campagne di Centuripe. In data 1 ottobre 2010, infatti, in contrada Vaccheria del comune della provincia di Enna, era stato rinvenuto il corpo privo di vita del Costanzo, classe 1974, attinto da svariati colpi di fucile mentre era appena giunto al consorzio irriguo presso il quale prestava la propria attività lavorativa. Uno dei colpi, probabilmente costituente un preciso segnale, fu esploso ai genitali dell’uomo. Tornando ora alle vicende dell’omicidio del Costanza, secondo le evidenze investigative raccolte, il movente della sua eliminazione è da ricercarsi nella circostanza che il predetto avesse richiesto a titolo di estorsione del danaro a ditte impegnate in lavori nel comprensorio territoriale insistente ai confini tra le province palermitana e messinese, alcune delle quali riferibili all’imprenditore Michele Aiello, di Bagheria, ritenuto vicinissimo al defunto capo di Cosa Nostra Bernardo Provenzano e già implicato nella vicenda giudiziaria delle talpe in procura a Palermo che vide il coinvolgimento dell’allora presidente della Regione Siciliana Salvatore Cuffaro, membri delle forze dell’ordine ed esponenti della sanità privata dell’Isola (detta operazione scattò il 5 giugno 2003). Il Costanza, quindi, aveva formulato pretese estorsive nonostante fosse già stata effettuata la cosiddetta “messa a posto” ed in seguito alle lamentele dell’Aiello, il Giuffrè, sensibilizzato in merito dal Provenzano, si rivolse al Virga per risolvere la questione il quale, a sua volta, interessò della cosa i referenti della famiglia mafiosa mistrettese, competente per territorio. La Squadra Mobile di Messina, con il coordinamento della DDA di Messina ha, quindi, avviato una serratissima attività di riscontro alle dichiarazioni del Barbagiovanni, accertando come le stesse siano perfettamente sovrapponibili a quelle rese, circa vent’anni prima, dal collaboratore di giustizia Antonino Giuffrè (inteso “Manuzza”, elemento di assoluto rilievo di Cosa Nostra palermitana, già capo mandamento di Caccamo e vicinissimo a Bernardo Provenzano) e, poi, da Carmelo Bisognano, al tempo uno dei più autorevoli rappresentanti della famiglia mafiosa di Barcellona Pozzo di Gotto, avendo per anni ricoperto il ruolo di leader indiscusso di quella particolare articolazione del clan dei “barcellonesi” meglio conosciuta come gruppo dei “mazzarroti” operante in Mazzarrà Sant’Andrea e collaboratore di giustizia dal dicembre 2010. I pentiti hanno riferito del summit all’esito del quale fu decisa l’eliminazione del Costanza, svoltosi qualche settimana prima dell’omicidio in un casolare abbandonato a Tusa. Alla riunione in questione – stando alle verbalizzazioni dei pentiti – presero parte elementi di assoluto rilievo delle famiglie mafiose operanti nella zona posta a confine tra le province di Palermo e Messina: Domenico Virga per i palermitani; Sebastiano Rampulla (oggi defunto) e fratello del più noto Pietro, artificiere della strage di Capaci del 23 maggio 1992, per i mistrettesi; Carmelo Bisognano per i barcellonesi; Carmelo Barbagiovanni per i Batanesi di Tortorici. Peraltro, nel corso dell’incontro, i maggiorenti delle famiglie mafiose avrebbero chiesto al Costanza spiegazioni sia in merito a somme di denaro da lui trattenute nonostante fossero destinate a compagini mafiose palermitane che alla richiesta del “pizzo” a ditte già “protette” dalle stesse. Non ritenendo convincenti le giustificazioni addotte dal Costanza, i presenti al summit lo congedavano, perfezionando poco dopo il proposito di ucciderlo. Presa la decisione di eliminare il Costanza, l’incarico fu affidato ai Batanesi ed il Barbagiovanni commise l’omicidio in concorso con Sergio Costanzo. L’omicidio del Costanza, in altri termini, fu deliberato dai vertici delle famiglie mafiose operanti tra le province di Palermo e Messina per punire uno “sgarro” imperdonabile e per saldare i già esistenti rapporti tra le medesime consorterie criminali. Il Costanza aveva “disturbato” chi si era già messo in regola con le compagini malavitose dei luoghi dove vengono eseguiti lavori per la realizzazione di strade interpoderali in agro di Mistretta.

Edited by, mercoledì 13 marzo 2024, ore 10,08. 

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